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Russia sì, Russia no, Russia forse. La Cina dinnanzi alla drammatica guerra scatenata da Mosca contro l’Ucraina continua a mantenere un atteggiamento ambiguo. Dietro alle rassicurazioni politiche con cui il Dragone ha ribadito la sua lealtà e amicizia verso la Russia, come raccontato da Formiche.net si celano non poche mosse che vanno nel senso opposto al comportamento di una nazione amica o alleata che sia.

Prima lo stop ai finanziamenti alla Russia da parte di Bank of China, poi l’improvvisa sterzata della Asian Infrastructure Bank, di cui Pechino è azionista di riferimento con una quota del 30%, ovvero la decisione di sospendere i prestiti per le opere in corso di realizzazione in Russia e Bielorussia. E ora, un campanello che suona come un allarme rosso.

Da Pechino è partito un invito a tutte le società assicurative e finanziarie che hanno delle attività in Russia e Ucraina affinché traccino il prima possibile una mappa aggiornata e puntuale circa l’esposizione finanziaria nei due Paesi. Per capire quanto è esposta l’economia cinese alla guerra in atto. Perché se la risposta fosse “molto” allora il governo di Xi Jinping non avrebbe altra strada che imporre alle medesime società il ritorno in patria e la smobilitazione generale da Russia e Ucraina.

Il che, soprattutto per Mosca, sarebbe un bel guaio dal momento che le sanzioni imposte dall’Occidente stano già dissanguando l’ex Unione Sovietica (la Borsa continua a rimanere chiusa). Una nuova fuga di capitali, dopo la ritirata messa in atto da tutte le principali società occidentali, tra le ultime Visa, Mastercard e American Express, sta spingendo l’economia russa sull’orlo del baratro. Ad oggi, secondo quanto riportato da Reuters, sono almeno due le grandi compagnie assicurative statali cinesi invitate dalle autorità di regolamentazione a condurre controlli interni sull’esposizione delle loro attività e portafogli di investimento.

Alle società sarebbe stato in particolare chiesto di valutare l’impatto delle sanzioni sul proprio business e presentare al governo un eventuale piano di emergenza. C’è da dire che la Cina non può certo permettersi un nuovo fronte finanziario, dopo di due anni disastrosi del proprio comparto immobiliare. Se le società cinesi attive in Russia dovessero cominciare a cadere sotto i colpi delle sanzioni, allora risulterebbe decisamente più conveniente e meno doloroso lasciare direttamente di due Paesi.

Proprio ora che la crisi del mattone cinese sembra in qualche modo stabilizzarsi, con le aspettative su nuove insolvenze leggermente ridimensionate. Come hanno scritto gli economisti di Goldman Sachs, le “condizioni di credito nel mercato rimangono molto strette. Si sente che il mercato è ancora sotto stress, dato che molte misure di alleggerimento da parte dei politici cinesi sono state frammentarie e non hanno portato a un grande impatto sul mercato fisico e le aziende stanno ancora avendo problemi a effettuare i pagamenti. La nostra aspettativa per il futuro parte da una stima di base e cioè un tasso di default nel mercato immobiliare cinese del 19%. L’anno scorso era oltre il 28%, quindi è ancora a livelli molto elevati di inadempienze. Detto questo, ci aspettiamo che le aziende più forti sopravvivano”.

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