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Il tabù è caduto proprio sull’immigrazione. Non è un caso. La Cdu di Friedrich Merz ha raccolto l’appoggio dell’estrema destra di AfD guidata da Alice Widel, interrompendo definitivamente il cordone sanitario, aprendo una prospettiva politica del tutto inedita per la storia parlamentare tedesca. “Al momento mi sento di escludere che possa essere un’alleanza strutturale, quella fra cristiano-democratici e AfD. Tuttavia, il termometro politico si è decisamente sbilanciato a destra, non solo in Germania”. A dirlo, sulle colonne di Formiche.net è Paolo Macry, docente emerito di Storia contemporanea alla Federico II.

La mozione della Cdu sull’immigrazione, passata al Parlamento tedesco grazie ai voti dell’AfD segna un passaggio epocale. Adesso, che tipo di scenario c’è da aspettarsi in vista delle elezioni?

Questa è una novità sul piano della cronologia parlamentare tedesca. Ma l’irrobustimento della destra  un fenomeno che ormai parte da lontano e non solo in Germania. Il punto è sondarne le ragioni a monte, più che gridare allo scandalo a valle.

Che idea si è fatto?

In questo momento assistiamo a un universo politico e culturale che denuncia carenze strutturali. La social-democrazia è in crisi profonda perché con ogni probabilità non è più capace di interpretare le esigenze delle persone rispetto ai temi del presente: dal welfare alla sicurezza, passando per la questione migratoria.

Tra poco si andrà a elezioni in Germania. 

Al momento non mi sembra ci siano i presupposti per immaginare un’alleanza strutturale tra AfD e Cdu. Resta, tuttavia, un tema larghissimo di rappresentanza politica.

Proprio ieri la Commissione europea ha presentato la bussola della competitività che si incardina su innovazione, decarbonizzazione e sicurezza. Quali presupposti ci sono per attuale il documento?

C’è un problema di fondo. Il modello Draghi implica un percorso europeo che sostanzialmente si basa sulla creazione di una forza finanziaria comunitaria che si applica su una serie di elementi legati alle prospettive di sviluppo. Se dal piano Draghi toglie l’elemento della corresponsabilità economica, sennò rischia di essere lettera morta. Senza contare la difficoltà decisionale.

A cosa si riferisce?

In Europa c’è u problema di capacità decisionale enorme. Prima della bussola, occorrerebbe una revisione dei trattati per superare le criticità e muoversi nell’ottica di semplificazione.

In questo contesto come vede il rapporto con gli Usa di Trump?

Trump ha ricevuto un mandato molto chiaro dagli elettori. Per questo anche l’Europa deve prenderne atto e muoversi di conseguenze. La postura dovrà essere molto diversa rispetto a come è stata fino a oggi. E questo apre un tema anche di alternanza. I dem americani si dovrebbero interrogare profondamente su queste dinamiche.

Anche la Francia è in fase di profonda transizione. 

Sì e non mi meraviglierei se anche la Francia andasse a destra. Il Macronismo non ha più forza propulsiva ed è senza sponde. La sinistra ha risposto alle istanze delle persone in modo dissennato. E il risultato è che ci possiamo aspettare Le Pen all’Eliseo.

L’Italia, però, è una mosca bianca. 

Per una serie di motivi noi abbiamo maturato degli anticorpi dopo lo sbandamento grillino. Adesso abbiamo un governo stabile, piuttosto assennato e rispetto al quale non c’è una reale alternativa. Non è certo fatto di estremisti.

Cdu e AfD forse non si alleeranno, ma la sinistra si deve interrogare. Parla Macry

La social-democrazia è in crisi profonda perché con ogni probabilità non è più capace di interpretare le esigenze delle persone rispetto ai temi del presente: dal welfare alla sicurezza, passando per la questione migratoria. Cdu e AfD probabilmente non si alleeranno ma esiste un problema di fondo legato alla rappresentanza. In Francia il macronismo è finito. Modello Draghi? Servono i soldi. Conversazione con Paolo Macry, docente emerito di Storia contemporanea alla Federico II

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