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“Le risorse naturali comuni dei Paesi del Mediterraneo rendono auspicabile una politica energetica condivisa”, ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi parlando a Mediteranean Dialogues, il forum organizzato da Ispi e Farnesina a Roma. Il premier ha continuato sottolineando la necessità di favorire lo sviluppo delle rinnovabili a partire dall’eolico e dal solare, in linea con il tema di fondo dell’evento “Leveraging Transitions” (sfruttare le transizioni).

“Dobbiamo continuare a capitalizzare sulle risorse del gas, di cui il Mediterraneo conserva ampie riserve, come fonte di transizione nel medio periodo”, ha continuato il premier, “e programmare insieme lo sviluppo dei prossimi anni nella transizione verde.” Ma non solo: le prospettive offerte dall’idrogeno verde – ottenuto dall’elettrolisi dell’acqua impiegando solo energia pulita – per Draghi sono “fondamentali”.

Le parole del premier arrivano a pochi giorni di distanza dall’annuncio di Snam di voler investire 23 miliardi di euro per potenziare e riconvertire la propria infrastruttura di gasdotti col fine di poter trasportare gas più verdi dalla costa settentrionale dell’Africa al cuore d’Europa. Questo renderebbe l’Italia un centro nevralgico per la transizione energetica dell’intero continente, in cui il metano prima, e l’idrogeno poi, sono componenti assolutamente cruciali. Anche in forma ibridata, in itinere – e la compagnia al momento è leader mondiale nel campo dell’ibridazione.

Snam, ha detto l’ad Marco Alverà, punta a trasformarsi “da società di infrastrutture del gas a società di infrastrutture energetiche e green”. Per farlo “si focalizzerà progressivamente su tre macro aree di attività: trasporto, stoccaggio e nuovi progetti nell’idrogeno e nel biometano.” Peraltro, le infrastrutture di trasporto e stoccaggio di Snam possono essere adeguate all’idrogeno con relativa facilità. Uno degli obiettivi-principe del medio termine prevede, appunto, la prima rotta di trasporto di idrogeno da Nord Africa e Sud Italia (un progetto da 2.700 km) ai “punti di maggiore domanda”. Come la Germania, che ha deciso di fare dei gas la colonna portante del suo processo di transizione.

Si indovina il profilo tedesco anche nel nuovo piano europeo Global Gateway, un’alternativa alla Via della Seta cinese che promette di mobilitare 300 miliardi in fondi per investimenti – più eventuali attori dal settore privato – per favorire ricostruzione e sviluppo nei Paesi extraeuropei che vorranno accedervi. Con un retrogusto europeo: come ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen presentando il piano, “i Paesi definiscono cosa è importante per loro come progetti, ma devono tenere conto anche le nostre priorità”, tra le quali spicca la transizione verde.

L’idea di sfruttare il potenziale dell’Africa sahariana non è nuova. Il progetto Desertec, racconta Hamza Hamouchene su Al Jazeera, mirava già nel 2009 a sfruttare un’area del deserto per produrre energia eolica da mandare in Ue tramite cavi ad alta tensione. L’iniziativa si arenò a causa dei costi e del suo sapore “neocolonialista” (inviare elettricità in Ue a fronte della povertà energetica e dei frequenti blackout nella regione pone effettivamente un tema etico).

“Dopo un tentativo di riportarla in vita come Desertec 2.0, con una maggiore attenzione al mercato locale delle energie rinnovabili, il progetto è stato ripreso come Desertec 3.0”, scrive Hamouchene, specificando che ora si tratta di soddisfare il fabbisogno europeo di idrogeno verde producendolo localmente con energia eolica e solare. Il consorzio industriale (tedesco) dietro l’iniziativa ha lanciato la MENA Hydrogen Alliance, improntata alla produzione ed esportazione di idrogeno dall’area di riferimento.

Va sottolineato che la Germania è in prima linea nella strategia europea per l’idrogeno. E sia il Green deal Ue che il programma Global Gateway già prevedono investimenti in Nord Africa in tal senso. Contando il peso specifico tedesco nel direzionare la strategia europea – e considerando i piani di Snam e le parole di Draghi – il pivot verso il Nord Africa per assicurarsi l’idrogeno verde che serve all’Ue è acclarato. E premesso che l’interesse europeo non scada in pratiche di “neocolonialismo verde” – tra cui il green dumping – ci sono sono ampie opportunità di sicurezza energetica, sviluppo economico e progresso ambientalista da ambo le parti.

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