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Nella commedia “The Doctor’s Dilemma” di George Bernard Shaw, diventata un film di successo nel 1958, un famoso primario ospedaliero, pari d’Inghilterra per le sua rivoluzionaria cura contro la tubercolosi (siamo nel 1906), avendo poche risorse e non potendo trattare più di dieci pazienti deve decidere se salvare un suo collega o un ricco anziano della cui giovane moglie si è innamorato. Non racconto come va a finire. In una commedia, considerata come la più pungente satira della professione medica dai tempi de “Il Malato Immaginario” di Molière, gli interrogativi etici e politici sono inquietanti e profondi.

Interrogati inquietanti ha sollevato la proposta del Presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli relativa all’impatto negativo del Covid sulle strutture e sul personale sanitario italiano, in cui ipotizzava la possibilità che i medici ospedalieri siano costretti a selezionare i pazienti da trattare, per motivi legati alle carenza e criticità di personale e di mezzi.

Ad essa hanno riposto con una lettera durissima le due maggiori organizzazioni del personale dirigente della professione, la Federspev e la Confedir, ribadendo il giuramento di Ippocrate fatto da tutti i medici e sottolineando che “ se mancano risorse in tempi di pandemia questa è una colpa dei governi da Monti in poi e di chi non ha voluto utilizzare i 32 miliardi del Mes a fini sanitari” e mettendo in risalto “le conseguenze civili e penali di tale selezione”. I saluti vengono accompagnati da un segno “di profonda disistima”.

Della proposta – è certo – non si parlerà più. Il problema delle difficoltà del Servizio sanitario nazionale (Ssn) di fronte ad una pandemia che pare dilagare a velocità rapidissima restano. E si aggravano ogni giorno. A differenza di quanto sottolineato nella conferenza stampa del 22 dicembre, non solo il Programma nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non ha fornito le risorse necessarie per fare fronte alla pandemia ma a pp 62-66 del documento inviato, a sua firma, dal Presidente del Consiglio al Parlamento il 23 dicembre, si scrive a chiare lettere che la partita della sanità è ancora in fase di decollo. Un decollo che con la variante Omicron appare molto più difficile.

Inoltre, poco o nulla si è fatto per integrare meglio i medici di famiglia nel Ssn, nonostante l’esperienza estera e le ricerche scientifiche dimostrino che questo sia il tassello essenziale per contenere l’infezione prima di fare ricorso agli ospedali (limitando la pressione sulle strutture). Nulla si è fatto per razionalizzare la previdenza nel settore (caso Enpam più volte discusso su questa testata).

A questo punto, dal dilemma del Dottore si passa ai dilemmi del Professore, il quale, più volte premiato dalla Repubblica, ha accettato di portare la nave in un porto sicuro. Può lasciarla nel mezzo della procella proprio quando, al primo cenno di possibile trascolo, la ciurma ha mostrato segni di disimpegno ed è anche diventata litigiosa?

Alla sua età e con il suo cursus honorum (i due ultimi incarichi prima dell’attuale gli furono conferiti da due governi Berlusconi) dovrebbe chiedersi non tanto in quale palazzo e tra quali arazzi passare i prossimi anni ma come verrà ricordato nei libri di storia. Se come una persona a cui la Patria (credo sia il termine giusti) tanto ha dato e cui al termine della propria carriera ha restituito il proprio servizio in un momento difficile. O se come una persona che – come sussurrano suoi ex- colleghi dell’Università di Roma La Sapienza – usa anteporre il proprio legittimo interesse personale al servizio per la collettività.

Una conferenza stampa è stata annunciata per domani lunedì 10 gennaio. Auguriamoci che il Professore abbia risolto i propri dilemmi.

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