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Il gran rifiuto giunge a tarda ora. Volgere le spalle le spalle all’alleato in questo caso ha una funzione salvifica. Per se stesso. La scusa che Giuseppe Conte ha addotto è quella di un “totale impegno” nella gestione del Movimento 5 Stelle. La partita per il collegio 1 a Roma è ancora aperta. “Ringrazio il Pd ed Enrico Letta”, ha detto ieri il leader pentastellato guadagnando l’uscita dal battage. Nel frattempo, l’adirato Carlo Calenda ha a sua volta fatto un passio indietro. D’altro canto la sua discesa in campo, forse più come boutade che come volontà reale, sarebbe stata funzionale a sbarrare la strada al pentastellato sul quale si erano concentrati gli appetiti democratici. Quantomeno quelli del “cerchio magico” romano, con il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti in testa. Conte non aveva comunque trovato, al di là dei colonnelli dem, un terreno molto fertile. Anche in casa Pd. I primi a far trapelare il loro profondo disappunto, come riportato ieri da Formiche.net, erano stati alcuni parlamentari di Base riformista, i quali si erano detti preoccupati più che altro delle sorti del “campo largo”. “Può essere comprensibile chiudere con Renzi – hanno detto – ma non si può pensare di costruire un futuro riformista senza Calenda”.

In questo momento pare che il candidato che potrebbe mettere d’accordo tutti e ricucire la lacerazione fra democrat e Azione sia Marco Bentivogli. Prima linea del mondo sindacale in quota Cisl, segretario della categoria dei metalmeccanici, è co-fondatore di Base Italia. Siamo ancora nel campo delle ipotesi, tuttavia Bentivogli pare ci stia pensando su. Certamente la sua potrebbe essere una candidatura di sintesi, anche per il leader di Italia Viva Matteo Renzi che, intervistato da La Stampa richiama il Pd a “non rincorrere i grillini, ma a fare politica”. Nella speranza che, in casa dem, “torni il buonsenso”. Certamente lui è stato uno dei più fervidi detrattori della candidatura dell’ex premier per la conquista del seggio vacante lasciato dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri. E, sulla scelta di Conte di non accettare, è tranciante: “Conoscendo la sua proverbiale mancanza di coraggio non ho mai avuto dubbi. È un uomo che vive di sondaggi ma che ha un terrore senza fine di misurarsi con i cittadini. Vive di like, ma teme il voto”.

Non propriamente complimenti. Ma anche lo stesso Calenda non le manda a dire e, per riconquistarsi la sua fiducia, il Pd dovrà faticare. E accondiscendere. In un tweet, Calenda cannoneggia l’ipotesi avanzata dai dem di convergere su Conte e motiva la sua posizione. “Il fatto che il Pd abbia pensato di candidare un esponente del M5S in un collegio a Roma, dove hanno fatto disastri e sono al 5% – senza confrontarsi con chi lì ha preso il 30% – conferma che non c’è nessun campo largo. Solo un sodalizio con i populisti, che fa male all’Italia”. Ma le accuse diventano più circostanziate. “La pretesa dei sostenitori del M5S e di Franceschini, Letta, Bettini di doversi trangugiare Conte passivamente è piuttosto surreale – chiude – . Fate politica”.

Il fatto che la decisione di convergere su Conte sia stata presa su tavoli d’alta fattura, lo si percepisce dallo spaesamento dei grillini quanto si pronuncia il nome di Bentivogli. “Non siamo in grado di dare una valutazione su questo nome – dicono a Formiche.net alcuni parlamentari pentastellati – non abbiamo fatto un ragionamento approfondito su questa candidatura”. E comunque “il Pd candidi chi vuole: il passo indietro di Conte significa una cosa sola. Che il Movimento non ha proprio candidato”.

Bentivogli, Calenda e Conte. Tutte le giravolte sul seggio lasciato da Gualtieri

Dopo il rifiuto dell’ex premier a candidarsi alle suppletive di Roma, fa marcia indietro anche Calenda. Il nome più accreditato è quello dell’ex sindacalista della Cisl Marco Bentivogli, co-fondatore di Base Italia. I grillini? “Non sappiamo dare una valutazione, ma non abbiamo un candidato del Movimento”

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