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Sarà lo Spazio a far riavvicinare Stati Uniti e Francia dopo le turbolenze provocate dall’Aukus e dalla crisi dei sottomarini. Ieri, la vice presidente Kamala Harris e il presidente Emmanuel Macron hanno annunciato da Parigi l’avvio di un dialogo bilaterale “comprehensive” per il settore spaziale, che vedrà i due Paesi cooperare su temi come cambiamento climatico, esplorazione e accesso alle discipline Stem. Per capire il perché, ne abbiamo parlato con Marcello Spagnulo, ingegnere ed esperto aerospaziale, presidente del Marscenter e autore di “Geopolitica dell’esplorazione spaziale” (Rubbettino, 2019). Tra l’altro, Harris ha da poco annunciato la prima riunione del National space council, l’organo di vertice dello Spazio a stelle e strisce (voluto da Donald Trump e confermato da Joe Biden) affidato al vicepresidente Usa, prevista per i primi di dicembre.

Come interpreta il riavvicinamento “spaziale” tra Stati Uniti e Francia?

Vorrei sottolineare che, nei fatti, tra i due Paesi c’è sempre stata una vicinanza spaziale. Parliamo di due nazioni che usano le attività spaziali come strumento di diplomazia oltre che di predominio tecnologico e commerciale. Ricordo che già agli inizi degli anni Novanta la Nasa e il Cnes collaborarono per un satellite di osservazione oceanografica sviluppato in bilaterale e che poi si è protratto negli anni sino a divenire oggi uno dei satelliti sentinella della costellazione Copernicus. Tra l’altro, i radar altimetri oceanografici sono estremamente utile per la navigazione sia delle flotte civili, sia di quelle militari, di superficie e sottomarine. E poi non dimentichiamoci che nel 2020 la Francia (e la Germania) sono diventate formalmente membri dello US Combined Space Operations (CSpO) insieme ad Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito. Il CSpO è diretto dallo Us Space Command, e ha il compito di sviluppare la collaborazione spaziale multilaterale in ambito militare.

Eppure l’incontro tra Harris e Macron sembra segnare un passo in avanti. Washington e Parigi hanno scelto (anche) lo Spazio per ricucire dopo l’Aukus. Perché?

A due mesi dalla crisi dei sottomarini australiani, l’incontro di ieri è stato giudicato cruciale dalla stampa francese per rivitalizzare la cooperazione con gli Stati Uniti e mostrare una forte intesa tra i due Paesi. D’altra parte, la vicepresidente americana, che parteciperà alle cerimonie odierne (in Francia è festa nazionale per commemorare i caduti della Prima guerra mondiale), inizia di fatto una tournée a Parigi anche per far posare la polvere dopo la vicenda dei sottomarini australiani (ne avevamo parlato all’epoca). Sul fatto che abbiano scelto lo spazio come uno dei temi principali è significativo di quanto il presidio orbitale sia assumendo centralità geopolitica.

Ci spieghi meglio.

Su Formiche.net lo scriviamo da anni: il dominio spaziale (inteso qui in senso di teatro operativo nell’accezione data dalla Nato con la risoluzione del giugno scorso) è sempre di più integrato con le dinamiche strategiche delle superpotenze e diventa leva di difesa, deterrenza e, purtroppo, anche di potenziale attacco. In più, diventa un luogo di guerra commerciale globale, dove le corporation private statunitensi stanno monopolizzando l’orbita terrestre in ciò che gli stessi francesi chiamano un “far-west” orbitale.

Ritiene che il rilancio dell’intesa spaziale possa rafforzarsi ulteriormente? È verosimile immaginare l’adesione di Parigi ad Artemis?

Per Artemis il discorso è complesso. Gli accordi statunitensi che l’Italia ha firmato (e a mio personale avviso ha fatto bene), contengono aspetti legati alla sicurezza che sono delicati. Ritengo che Parigi preferisca nel prossimo futuro che sia l’Esa eventualmente a integrarli. Comunque c’è da rivelare che Blue Origin di Jeff Bezos, una delle più importanti aziende del New Space americano, ha scelto proprio Parigi per la sede della sua filiale europea.

L’intesa intanto tratta di esplorazione umana dello Spazio…

Sì, un altro aspetto interessante. A parte l’ovvia cooperazione in ambito militare e quella relativa ai sistemi spaziali per l’osservazione della Terra (il tema del cambiamento climatico è stato ripreso nel comunicato congiunto), c’è il futuro dell’esplorazione umana dello spazio. Da qualche tempo si osserva come in Francia stia riprendendo vigore l’idea di fare dell’Europa una potenza autonoma nel settore della Human Exploration con lanciatori manned e infrastrutture abitative di nuova generazione. Non so, forse è ancora presto, ma questo tema potrebbe in prospettiva costituire anche un ulteriore terreno di cooperazione.

A proposito di Esa, come si inserisce questa intesa nel quadro europeo, attraversato da una profonda revisione della governance?

Ovvio che rafforzare la cooperazione bilaterale con gli Stati Uniti dia poi alla Francia quell’elemento in più nella revisione della governance europea. Bisognerà comunque vedere come si sostanzierà questa cooperazione. A mio avviso è molto probabile che l’aspetto di difesa e sicurezza sarà sempre più pervasivo.

E la cosiddetta sostenibilità delle orbite?

Certo, anche se non è citato nei comunicati congiunti dell’incontro di ieri, pare rilevante il tema della policy per la gestione delle costellazioni satellitari in relazione all’inquinamento e al monopolio orbitale che esse stanno producendo già adesso. La Francia si sta attivando a livello politico su questo da più di un anno. Forse, la rinnovata cooperazione con gli Stati Uniti potrebbe portare ad aprire dei tavoli congiunti su un tema che rischia di diventare deflagrante a breve. Lo dico anche come spunto di riflessione per la politica nazionale.

(Foto: Vice president Kamala Harris account Twitter @VP)

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