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La crescente marittimizzazione dell’economia, con il conseguente primato del mercantilismo o meglio del trasporto marittimo nell’attuale sistema economico globale degli scambi, ha innescato processi talassocratici davvero poderosi anche in nazioni e potenze storicamente tellurocratiche come la Cina.

In fondo, stiamo assistendo a un lungo, intenso e serratissimo conflitto economico mondiale che perdura ormai da tempo, caratterizzato da elementi di discontinuità e, insieme, da continue, improvvise accelerazioni. Una crisi economica e politica che segna, per moltissimi aspetti, evidenti elementi di rottura con il passato e che al momento non dà segni di riallineamento o di rallentamento.

In altre parole, il serrato conflitto competitivo in corso, a causa delle sue tante peculiarità e novità, rende difficili non solo letture e analisi lineari, ma impedisce anche la creazione di concrete soluzioni d’uscita perfino per le più blasonate potenze mondiali.

Certo, non v’è dubbio che il processo di marittimizzazione del sistema degli scambi sia in atto sin dall’esordio del Cinquecento con le scoperte geografiche, ma nella storia economica del mondo non si era mai assistito a tali accelerazioni e trasformazioni, ultima quella prodotta dal raddoppio del Canale di Suez, con la nascita di nuove rotte e il quasi inarrestabile processo del gigantismo navale.

Tant’è vero che proprio grazie ai recenti lavori nel Canale, si sono sviluppate strategie economiche orientali spacciate come brillanti opportunità per il commercio occidentale nascondendo, se pur legittimamente, l’obiettivo di egemonia mercantilistica, commerciale e quindi infrastrutturale cinese.

Proprio la mastodontica dimensione logistica attuata da Pechino favorisce oggi il predominio sul commercio e, conseguentemente, strutture fortemente interconnesse e globali consentono di esercitare pressioni sia di soft che di hard power nel mondo, oltre che a fungere da cavallo di troia.

Così, molti Stati abbagliati da promettenti piani di sviluppo e da congrui guadagni, sono entrati in orbita orientale per ampliare la propria rete infrastrutturale per poi scoprire di essere assolutamente incapaci d’ottemperare agli impegni economici presi con la Repubblica popolare.

Il caso del Montenegro, del Laos, Sri Lanka, Zambia, Congo e recentemente anche dell’Uganda ne sono un fulgido esempio. Il predominio logistico attraverso il potenziamento delle reti infrastrutturali e in primis quelle marittime sono la via in cui si sta sviluppando questa serrata guerra commerciale ed economica.

Indo-Pacifico, Africa e il Mediterraneo che non solo si conferma come trait d’union tra due oceani, ma anche come luogo di crescenti e importanti scambi commerciali, sono i fronti di questi complessi confronti in corso.

Ed è proprio la posizione geografica nazionale che fa dell’Italia uno dei Paesi più appetibili. Infatti, non v’è dubbio alcuno che il Belpaese domini geograficamente il Mediterraneo centrale e che i suoi numerosi porti siano continuo oggetto del desiderio di potenze intenzionate a potenziare la propria dimensione navale e marittima in un’area così strategica. Un attacco economico di vasta portata che difficilmente può essere respinto senza una strategia nazionale unica, sicuramente connessa a nuove strutture di indirizzo.

Infatti, tutto il mondo marittimo e navale italiano è endemicamente afflitto da una storica parcellizzazione, accentuata dalla mancanza di un unico ministero dedicato al mare. Ed essendo del tutto evidente che nell’attuale sistema finanziario e politico mondiale le tendenze dominanti sono tese a creare macrostrutture capaci di assimilare e assorbire quelle più piccole, con tale proiezione l’attuale stato del sistema nazionale italiano è, sia nel breve che nel lungo periodo, destinato al declino.

Le contromisure sino a ora sono state assai blande, basti pensare al fiorire delle Zone economiche speciali che avrebbero dovuto rilanciare gli investimenti, ma che al momento non assicurano reali sgravi fiscali e finanziamenti alle imprese. Anche la realizzazione della Zona economica esclusiva non si è ancora esplicata con concretezza. Inevitabile considerare questo ultimo elemento come di eccezionale importanza, poiché non realizzabile con mero decreto legislativo, ma come vera e propria strategia nazionale marittima e diplomatica di lungo periodo.

In sostanza, per essere realmente concorrenziali e competitivi superando parcellizzazione e divisioni occorre disegnare una logica di reale coordinamento e, soprattutto, di unicità di intenti.

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