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Tra i primi dossier che saranno sottoposti all’attenzione dei presidenti di Camera e Senato Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati una volta che il governo Draghi avrà ottenuto la fiducia in Parlamento ci sarà la scelta della prossima presidenza del Copasir, il comitato di raccordo fra Parlamento, governo e intelligence.

La legge che ha riformato il comparto degli 007, la 124 del 2007, prevede all’articolo 30 che la presidenza del comitato spetti a un parlamentare “eletto fra i componenti appartenenti ai gruppi di opposizione”. La stessa norma predispone poi che la metà dei parlamentari che siedono nel Copasir provenga dalle fila dell’opposizione.

Un nodo che proprio in queste ore gli addetti ai lavori stanno cercando di sciogliere. Il governo Draghi nasce infatti con una maggioranza senza precedenti in entrambe le camere e all’opposizione potrebbe ritrovarsi un solo gruppo parlamentare, quello di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Seguendo la lettera della 124, non solo la presidenza del Copasir spetterebbe a un esponente di FdI ma addirittura la metà dei suoi componenti, 5 su 10. Il rischio è che si arrivi a una distorsione della rappresentanza, dovuta a una situazione non comune.

Il punto centrale non è il semplice “totonomi” per la presidenza. L’attuale presidente, il leghista Raffaele Volpi, ha annunciato di voler rimettere il suo mandato nelle mani di Fico e Casellati lasciando loro “la corretta interpretazione della legge 124/2007 e del suo originale spirito applicativo”. Se il timone del comitato dovesse passare a Fdi, in cima alla lista ci sarebbe il senatore Adolfo Urso, che ha una lunga esperienza in materia ed oggi ricopre la carica di vicepresidente.

La prassi, in realtà, non sempre coincide con il dettato della legge 124. Esiste infatti il precedente di un presidente del comitato che ha mantenuto l’incarico anche quando il suo partito è entrato in maggioranza. Era il 2011 quando Massimo D’Alema, eletto presidente nel 2009 con il governo Berlusconi, rimetteva nelle mani dei presidenti di Camera e Senato Gianfranco Fini e Renato Schifani la sua presidenza. Si stava insediando il governissimo di Mario Monti, e, proprio come Fdi oggi, alla Lega, sola all’opposizione, sarebbe spettata la poltrona a San Macuto. Ma le cose sono andate diversamente.

D’Alema è infatti rimasto presidente fino al 2013, quando è nato il governo di Enrico Letta e la presidenza è stata affidata al leghista Giacomo Stucchi. Anche qui, in verità, con un piccolo strappo alla lettera della 124. Perché il Carroccio si era astenuto sulla fiducia e all’opposizione dura e pura c’erano altri tre partiti, Cinque Stelle, Leu, Fdi.

Insomma, la prassi non collima alla perfezione con il dettato della norma e non ci sono dunque certezze granitiche. Due esponenti del comitato, ad esempio, hanno volontariamente sospeso finora la loro partecipazione alle sedute. Si tratta del senatore di Italia Viva Ernesto Magorno e del deputato passato alla Lega Antonio Zennaro, entrambi ritrovatisi all’opposizione del governo Conte-bis.

Come ha spiegato di recente a Formiche.net il costituzionalista della Luiss ed ex consigliere parlamentare Nicola Lupo, spetterà ai presidenti di Camera e Senato optare o meno per un’interpretazione estensiva della legge alla luce della straordinarietà della maggioranza che sostiene il governo Draghi. “Sulla presidenza del Copasir a un esponente dell’opposizione esiste un vincolo piuttosto rigido, ma si riferisce al momento dell’elezione. E la prassi ha previsto eccezioni”.

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