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Non c’è dubbio che gli ultimi giorni siano stati nei palazzi romani che contano, cioè Palazzo Chigi e dintorni, a dir poco convulsi. In verità, fra le forze politiche di maggioranza, e non solo, son volati i coltelli. E ancora volano. Ma sarebbe ingenuo pensare che i problemi sollevati dal Recovery Plan, perché di questo più che del Mes (che è un semplice riflesso) si tratta, concernino il come e non il chi gestirà i soldi che prima o poi dovrebbero arrivare dall’Europa. Così come è ingenuo pensare che per molti deputati che voteranno sì alla riforma del Patto di stabilità, grillini ma non solo, ci siano nobili ragioni a motivarli e non semplicemente quella di non tornarsene (per molti definitivamente) a casa.

Vista attraverso questa doppia e realistica, quasi cinica, lente interpretativa, non c’è dubbio che la lotta sia oggi, nella maggioranza, quella fra Giuseppe Conte e tutti gli altri. Perché se è vero che è Matteo Renzi a manifestare pubblicamente e con più fervore la sua contrarietà alla gestione e persino allo stile (che ha giudicato “sprezzante”) del presidente del Consiglio, non si può certo dire che Nicola Zingaretti e anche Luigi Di Maio siano disposti a concedere il controllo della macchina impegnata a spendere il denaro al solo Conte, che è poi l’unico deus ex machina o quasi di tutto il complesso e fintamente collegiale apparato che ha ideato. Come è noto, le “proteste” precedenti del leader di Italia Viva si sono concluse con una marcia indietro, favorita da qualche concessione e qualche posto di potere. Questa volta, è probabile, proprio per la convergenza di fatto con Zingaretti e non solo con lui, che Renzi, anche se farà marcia indietro nonostante i toni ultimativi usati nelle ultime ore da lui e Maria Elena Boschi, se ne tornerà a casa con qualche risultato più sostanzioso.

E in effetti sembra, stando a notizie dell’ultima ora, che sui manager coordinatori almeno, ma non solo, l’ex presidente del Consiglio dovrebbe spuntarla e gli italiani dovrebbero quindi risparmiarsi altri sei Arcuri! Ritornando al voto di domani sul Mes, il governo non dovrebbe quindi avere problemi di sorta nemmeno al Senato, ove una piccola pattuglia di “responsabili” centristi era già sufficiente a sopperire all’assenza o al voto contrario dei pochi grillini “duri e puri” che si erano rifiutati di rientrare nei ranghi. Ma che ora, anche loro, e non è certo una sorpresa, per bocca della pasionaria pugliese, ed ex ministro per il Sud, Barbara Lezzi hanno fatto sapere di aver trovato un “punto di caduta” che li farà desistere dai loro propositi. In ogni caso, superato il giro di boa del voto di domani, l’impressione è che tutti i problemi politici resteranno aperti, e anzi aggravati, e la dialettica Conte-gli altri metterà ancora a rischio nei giorni seguenti la tenuta del sistema.

Silvio Berlusconi sarà forse ancora “strumentalizzato”, con la sua smania di contare e non ridursi a semplice testimone dall’opposizione, ma con il voto contrario sula riforma del Mes ha mandato a tutti (anche all’Europa che avrà l’ultima parola sul caso Vivendi) un segnale preciso: non venderà a poco prezzo, o fidandosi di semplici promesse, la propria “responsabilità”. Le forze di maggioranza spingeranno ancora, nelle prossime settimane, per chiedere un “rimpasto”, che semplicemente dovrebbe mettere loro in condizione di marcare più stretto Palazzo Chigi.

Conte resisterà, con il tacito assenso di Sergio Mattarella che teme, con la sua consumata esperienza, che, muovendo qualche carta, tutto il castello possa venir giù. Dove però ancora una volta si decideranno le sorti del Paese, troppo “cicala” e “irresponsabile” ma anche too big to fail, sarà a Bruxelles. Qualche dubbio sulla bontà dell’operazione Conte 2, a suo tempo patrocinata, erano già sorti in sede europea nei giorni scorsi, trovando come al solito sfogo scomposto su alcuni giornali tedeschi. Ma è stamane che la stessa Angela Merkel ha deciso di prendere in mano la situazione, prima accusando di irresponsabilità i “Paesi in ritardo” sull’elaborazione dei Piani e poi con una telefonato, a quanto sembra “di fuoco”, con il nostro capo del governo. Il problema per Berlino e Bruxelles è capire se e come (il chi per loro è una variabile dipendente) l’Italia saprà far tesoro dell’ imponente e ultima (e certo non disinteressata) possibilità che le è stata data.

Il governo supererà la boa del Mes, ma Merkel... La bussola di Ocone

Conte non dovrebbe avere problemi di sorta per il voto di domani sul Mes, una piccola pattuglia di “responsabili” centristi dovrebbe ampiamente sopperire all’assenza o al voto contrario dei pochi grillini “duri e puri”. Dove però ancora una volta si decideranno le sorti del Paese, troppo “cicala” e “irresponsabile” ma anche too big to fail, sarà a Bruxelles

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