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L’ennesimo mio intervento su questo quotidiano on line, circa il modo d’affrontare l’emergenza Covid-19 nella scuola superiore, non è politico, come del resto i precedenti. Viene dalla mia esperienza di docente, dal 1983, e di dirigente scolastico, di uno dei più grandi poli liceali del Paese (1989 allievi), dal 2010. Ho amici e conoscenti nell’attuale Parlamento e quando i loro partiti votano soluzioni che ritengo contrarie alla mia quarantennale esperienza di uomo di scuola, glielo dico chiaramente. Invano.

DIDATTICA A DISTANZA, SI O NO?

Leggo che in queste ore il sindaco di Milano, Beppe Sala e altri sindaci lombardi, si sono dichiarati sonoramente contrari alla didattica a distanza nella secondaria superiore, ma a favore di una didattica mista. Molti improvvisatori esperti di didattica, che hanno della scuola uno sbiadito ricordo proveniente dal secolo scorso, truciolo memoriale lontano parente della madeleine di Proust, sono affascinati dalla pilatesca formula della didattica “parte in presenza e parte a distanza” o, come recita il recentissimo Dpcm,“al 50%”, che ricorda Sherlock Holmes: soluzione al sette per cento (1976, Herbert Ross), con la bella Vanessa Redgrave. “In parte e in parte” è una posizione rientrante nel politically correct che ti consente di non farti “tutti” nemici, ma di accontentare, nella prima fase della diffusione del Covid-19, parte delle famiglie e parte dei docenti. Ma appunto soluzione, a nostro parere (ci possiamo sbagliare), spuria, perché “politica” e tecnicamente non realistica.

GOVERNO E STAMPA MALE INFORMATI SULLA SITUAZIONE TECNOLOGICA DELLE SCUOLE 

Bisogna sapere che la Dad come attuata nella primavera scorsa (marzo-giugno 2020), dopo un primo momento di sbandamento organizzativo e tecnologico, si era stabilizzata nelle sue potenzialità digitali. Ogni docente riusciva a collegarsi verso le case degli allievi, con una certa facilità, Tecnicamente era attivato un collegamento da un emittente verso venticinque-trenta destinatari. La rete in possesso di ognuno di noi, qualunque la piattaforma usata, poteva “reggere” tale modalità di collegamento. Diverso il caso della classe divisa in due parti: quattordici in classe e altrettanti in casa. Innanzitutto bisogna acquistare delle telecamere per riprendere la lezione alla lavagna per trasmetterla via web. Il secondo problema da superare è consentire un collegamento che dalle case dei ragazzi raggiunga la scuola. È difficile avere una banda che regga 500 collegamenti simultanei. Occorrerebbe una banda ultra-larga. Che in alcuni licei delle grandi città c’è, ma in periferia, nei piccoli centri e soprattutto al centro-sud la situazione è drammatica.

SI TORNI ALLA DAD DELLA PRIMAVERA SCORSA

Per frenare il rapido diffondersi del virus nella secondaria superiore bisogna assolutamente chiudere gli Istituti. Quello che scrivo su Formiche.net dal mese di agosto.
Chiedo al premier Giuseppe Conte, che ha tutta la mia stima, esperto di scuola e università, di valutare gli aspetti tecnologici della fibra di un Paese difficile da cablare, aspetto che forse il suo team non ha indagato a sufficienza. E gli chiedo, cortesemente, di tornare in Dad, come nel periodo marzo-giugno 2020. Utilizzare questi mesi per: portare la banda ultra-larga nelle scuole superiori; incentivare la edilizia leggera; promuovere una campagna educativa attraverso i media mirata agli adolescenti. Tutto il resto sono chiacchiere.

P.S. Mentre finisco questo pezzo mi chiama uno studente del V. L. “Preside, mi scusi, stiamo aspettando il risultato del tampone da ieri. Siamo stressati” – “Quando lo avete fatto?”. “Lunedì”. “Dovete avere pazienza, le Asl sono sotto pressione. Hanno migliaia di tamponi da processare. Domattina chiamo la ASL. Sentiamoci alle 8.30. Coraggio.” “Grazie preside”. La V. L è una delle nove classi in quarantena, in soli 23 giorni. Caro Governo, non era meglio lasciare i ragazzi delle superiori a casa, in DAD, sino a Natale?

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