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In un premonitore inizio del 2024 (che parte come si chiudeva il 2023), il leader cinese Xi Jinping, nel suo discorso di Capodanno, ha affermato che la “riunificazione” con Taiwan è un destino ineluttabile — una posizione notevolmente più assertiva rispetto al discorso dell’anno precedente, che tuttavia segue una linea programmatica strategica e storica del Partito Comunista Cinese.

Quel che dice Xi serve da promemoria sulla profondità della rivendicazione di Pechino sull’isola autogovernata che nelle prossime settimane vivrà la fase di apice della propria democrazia con le elezioni presidenziali. Unita alle recenti esercitazioni militari e a un sostanziale rafforzamento della narrazione sull’unica Cina, la posizione sempre più spinta del Partito/Stato sta scatenando la preoccupazione sull’avvicinarsi di una potenziale invasione. Se messa insieme all’impegno del presidente statunitense Joe Biden a difendere Taiwan, la situazione solleva lo spettro di un confronto tra superpotenze, il quale emerge nonostante le rassicurazioni che meno di tre mesi fa Xi avrebbe dato allo stesso leader americano nel loro faccia a faccia.

Le parole di Xi — “La riunificazione della madrepatria è un’inevitabilità storica” — sottolineano una retorica che non solo acuisce le tensioni regionali, ma spinge anche a rivalutare strategicamente il posizionamento geopolitico attorno a Taiwan. Anche se la traduzione ufficiale in inglese, che utilizza la frase più semplice “La Cina sarà sicuramente riunificata”, può sminuire il livello dell’assertività — magari nel segno del riavvio del dialogo con Washington — ma non diminuisce le implicazioni di fondo della dichiarazione di Xi.

La Corte, mossa geopolitica

Nel contesto di questa escalation di tensioni che non si frenerà nel 2024, va letta come mossa mossa di valore geopolitico la discussione taiwanese sull’aderire alla Corte penale internazionale (Cpi). Le motivazioni alla base di questa volontà di cui dibatte Taipei sono molteplici, con i sostenitori che sottolineano la potenziale deterrenza che potrebbe fornire proprio contro un attacco o un’invasione cinese.

Al di là delle immediate preoccupazioni militari, c’è anche un’ambizione più ampia di universalizzare il sistema giuridico internazionale in una regione in cui la sua presenza è relativamente scarsa. Muovendosi in questo senso, Taiwan diventerebbe un riferimento nell’Indo Pacifico, aderendo a un sistema internazionale di cui molti Paesi della regione non sono membri e portandosi avanti verso standard democratici e occidentalocentrici. Taipei potrebbe aumentare le sue connessioni con l’Occidente e diventare ispirazione per altri, ossia farebbe ciò che Pechino detesta: esistere e darsi un ruolo tra gli affari internazionali.

Istituita dallo Statuto di Roma, la Corte penale internazionale si occupa di crimini internazionali fondamentali come il genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e i crimini di aggressione. Sono tutti temi che Xi teorizza all’interno delle iniziative globali che propaganda come emblema dell’impegno degli affari cinesi nel mondo, ma sui quali impone una visione “con caratteristiche cinesi” piuttosto distante dagli standard della Corte (e chiaramente da quelli democratici).

La proposta di adesione alla Corte penale internazionale, formalmente raccomandata in questi giorni da una revisione annuale indipendente degli sforzi di Taiwan in materia di diritti umani, è in fase di deliberazione all’interno della magistratura, del governo e dei circoli legali di Taiwan. Il meccanismo di adesione prevede la firma dello Statuto di Roma o la dichiarazione unilaterale di accettazione della giurisdizione della CPI sul territorio di Taiwan da parte della sua ala amministrativa.

Che cosa significa Taiwan nella Cpi?

Kevin Chang, avvocato internazionale e professore associato presso la National Chengchi University di Taiwan, spiega però che l’adesione di Taiwan alla CPI non può da sola agire come deterrente diretto, anche se introduce una dimensione cruciale che la Cina deve considerare nelle sue ambizioni di leadership globale. Esempio recente è il mandato di cattura per crimini contro i bambini ucraini spiccato nei confronti del presidente russo, Vladimir Putin, una dimostrazione tangibile dell’impatto della Corte sui leader mondiali. Questo precedente suggerisce che la potenziale adesione di Taiwan alla Cpi potrebbe effettivamente esercitare un’influenza sulla scena internazionale.

Per esempio, l’adesione di Taiwan alla Corte penale internazionale potrebbe anche aprire la strada a indagini e mandati di cattura contro il leader cinese Xi Jinping in base al diritto internazionale, nell’eventualità in cui dovesse essere coinvolto in atti di guerra o crimini di guerra contro Taiwan sul suo territorio.

Ma ci sono delle sfide intrinseche. Il panorama geopolitico che circonda lo status quo di Taiwan, soprattutto nel contesto delle sue relazioni tese con la Cina, ma anche in termini di riconoscimento internazionale, pone degli ostacoli all’adesione alla Corte. Non essendo uno Stato membro delle Nazioni Unite e riconosciuto solo da altri 13 Paesi, Taiwan deve navigare in acque diplomatiche complesse, anche dal punto tecnico e non solo politico.

Considerando le potenziali ramificazioni e la probabile resistenza della Cina, la strada da percorrere per l’adesione è molto complessa, per non dire impossibile. Poiché Pechino rimane fuori dalla Cpi, qualsiasi futura indagine in caso di attacco potrebbe inoltre incontrare difficoltà in termini di cooperazione. Tuttavia, la mossa potrebbe aggiungere un nuovo livello di complicazione per Pechino, con l’eventuale immagine di un leader ricercato per crimini internazionali che sarebbe un peso da gestire in termini di immagine.

Mentre Taiwan si avvia verso le elezioni presidenziali del 13 gennaio 2024, il dibattito sull’adesione alla Cpi è un aspetto cruciale del discorso pubblico più ampio. Le discussioni ad alto livello all’interno del governo indicano la serietà con cui Taiwan considera questa proposta, anche se è improbabile che si muova prima delle elezioni, mentre è possibile che parte del dibattito resti anche in futuro. Per Taiwan, entrare nella Corte penale internazionale emerge come una delle risposte strategiche alle dinamiche geopolitiche in evoluzione nella regione indo-pacifica.

Perché Taiwan pensa alla Corte penale internazionale

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