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Non sono certo un esperto delle questioni legate al Covid-19 ma sono un osservatore e un cittadino con un certo senso di responsabilità. Anche a me, come a tanti, domenica scorsa è capitato di fare una breve passeggiata in centro a Roma e sono rimasto colpito dagli assembramenti di folla per lo shopping o quant’altro, tant’è che ho subito cambiato rotta, essendo abituato a rispettare il più possibile le regole.

D’altronde, il primo pensiero che mi è venuto è che se il governo ha appena varato una sorta di “liberi tutti” ed ha molto pubblicizzato un incentivo allo shopping diretto, quel cashback studiato apposta per spingere i consumatori a uscire di casa e recarsi nei negozi invece di comprare on line, è chiaro che questo diventa anche un incentivo agli assembramenti. È uno dei tanti vari aspetti in cui si presenta (come già avvenuto in tanti casi per il Covid-19) uno spread fra le ragioni della salute e le ragioni dell’economia e dei consumi.

Né concordo con il governatore veneto Luca Zaia che ha fatto una dura reprimenda contro i cittadini per gli assembramenti, perché i cittadini vanno anche orientati con la fissazione di regole e non si può affidare tutto al loro buon senso e all’autodisciplina, come ha osservato invece il sindaco di Milano Beppe Sala.

È da chiedersi piuttosto come siamo giunti a questo appuntamento dopo l’errore grave tra settembre e la prima metà di ottobre in cui il ritorno del virus è stato sottovalutato e affrontato con ritardo, mentre andava prevenuto e affrontato per tempo, vista la diffusione ben maggiore che già aveva assunto nei Paesi vicini come Francia e Spagna.

Saltando poi uno step, è da chiedersi se era davvero il caso, in vista delle vacanze natalizie, di trasformare sostanzialmente tutta l’Italia in zona gialla, con un’apertura praticamente totale. Non a caso, infatti, ora il governo e il Comitato tecnico scientifico (ma anche altri soggetti), in presenza tra l’altro negli ultimi giorni di un tasso di positività sui campioni effettuati che supera regolarmente l’11%, sono sinceramente preoccupati per il probabile arrivo di una terza ondata subito dopo Natale in assenza di provvedimenti davvero efficaci.

Nel parere al governo, il Comitato tecnico scientifico chiede di “potenziare i meccanismi di controllo per il rispetto delle norme già in vigore” e invita l’esecutivo a disporre di “misure più stringenti per ridurre la circolazione di persone”. Vedremo se si tratterà (e se basterà) della zona arancione durante i vari giorni di festività per tutto il Paese, oppure, come sembrerebbero chiedere il ministro Speranza e altri, di una sorta di zona rossa nazionale. Un punto di cui si è discusso nel confronto fra il governo e gli scienziati. Certo che il governo dovrà assumersi, con una gravitas del tipo di quello che adotta Angela Merkel in Germania, responsabilità precise e coerenti, senza “palleggiamenti” con i governatori, per fare di tutto per evitare la terza ondata nella fase della campagna delle vaccinazioni.

A questo proposito, sarebbe il caso di guardare oltre frontiera. Anche Paesi come la Gran Bretagna e l’Olanda si accingono a forme di lockdown quasi totale e poi il pur sobrio e direi solitamente riservato commissario all’Unione Europea Paolo Gentiloni ha twittato nei giorni scorsi le seguenti parole : “La Germania (che ha molti più abitanti di noi, ndr) ha avuto finora 1,3 milioni di casi e 21mila morti. Noi 1,8 milioni di casi e 64mila morti. In Germania, nuove misure restrittive fino al 10 gennaio”.

In Germania la cancelliera Merkel, assumendosene tutte le responsabilità, ha varato, infatti, un vero e proprio lockdown. In Italia, in un quadro tendenziale di incertezza del diritto, cui consegue una certa incertezza dei diritti e dei doveri, finché non si assume una decisione non si sa quanto sarà efficace fino all’ultimo minuto, e ce la prendiamo con la gente…

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