Skip to main content

Tutto come ampiamente previsto. Donald Trump ha firmato l’ennesimo ordine esecutivo per prorogare l’entrata in vigore del divieto di TikTok negli Stati Uniti. È la terza volta che il presidente americano prende questa decisione, la prima appena pochi giorni dopo il suo insediamento alla Casa Bianca. Il motivo del ritardo sta nelle relazioni con la Cina. Non sono buone, ma dopo il pesante braccio di ferro sui dazi che aveva portato i cinesi a irrigidirsi e a non dare il via libera alla vendita del social network, Washington e Pechino stanno provando ad intendersi. Per questo la proroga serve a non frenare nuovamente i discorsi, affinché si possa arrivare a un accordo che vada bene a entrambe le superpotenze. Per questioni di sicurezza, gli americani vorrebbero che ByteDance – società madre di TikTok – vendesse a un’azienda statunitense, così che questa possa avere la maggioranza. Per raggiungere un’intesa ci sarà tempo fino al 17 settembre.

“Ringraziamo il presidente Trump per il suo sostegno nel garantire che TikTok resti accessibile agli oltre 170 milioni di utenti americani e 7,5 milioni di imprese negli Stati Uniti”, afferma la piattaforma cinese promettendo di “continuare a collaborare con la vicepresidenza di JD Vance”. Era infatti il braccio destro di Trump a essere indicato come volto delle trattative per parte americana. Non tutti però sono così entusiasti della scelta del presidente americano.

A storcere il naso non sono soltanto i Democratici, che sia a maggio sia a inizio mese avevano scritto una lettera indirizzata a Trump per chiedergli di ritornare sulla sua decisione. In entrambe le occasioni gli ricordano della legge bipartisan approvata al Congresso, il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act, che chiedeva l’esatto opposto di quello che sta facendo la Casa Bianca: “Lei e la sua amministrazione avete concesso a TikTok numerose proroghe che hanno ritardato sia il disinvestimento qualificato di TikTok dalla Cina sia il tanto auspicato trasferimento a una proprietà americana”, si legge nell’ultima missiva. “Questa posizione è sconcertante, dato che la vostra amministrazione ha dimostrato contemporaneamente di essere capace di indagare in modo aggressivo sulle aziende americane di social media e tecnologia”.

A far più rumore, però, sono le lamentele interne al Partito Repubblicano. Il malumore di alcuni senatore di livello è stato raccolto da Axios: “Non sono particolarmente entusiasta, non credo sia una buona idea”, afferma Roger Wicker (Mississipi); “Non è quello che vorrei. Sono d’accordo che cerchi di venderla, va bene, ma penso che a un certo punto dovremo far rispettare questa legge”, gli fa eco Josh Hawley (Montana); “Vorrei che la legge entrasse in vigore”, è il desiderio di John Cornyn (Texas); “Probabilmente è secondaria a tutto il resto che accade nel mondo”, osserva Mike Rounds (Dakota del Sud), convinto “a un certo punto” la piattaforma dovrà essere venduta o cancellata; “La Cina ha utilizzato TikTok per spionaggio e propaganda”, sentenzia Ted Cruz (Texas), un trumpiano della prima ora, “ecco perché il Congresso ha approvato a larga maggioranza una legge per costringere il governo comunista cinese a disinvestire, spero e mi aspetto che ciò accada”.

Nei calcoli che sta facendo la Casa Bianca su TikTok, c’è dunque da tener dentro anche i mal di pancia della base repubblicana che lo ritiene ancora una minaccia per la sicurezza nazionale.

ll terzo salvavita di Trump a TikTok non piace alla base del Gop. Ecco perché

Contro la terza proroga dell’entrata in vigore del divieto della piattaforma non ci sono solamente i democratici ma anche una parte di senatori repubblicani, che la considerano ancora una minaccia nazionale. Per questo, vorrebbero che il presidente americano adottasse la legge bipartisan votata tempo fa al Congresso. Non è detto che ciò avvenga, ma nei suoi calcoli il presidente americano deve tener conto anche di questo malumore

Tra deterrenza e diplomazia, la sfida mediorientale al sistema internazionale. L'analisi di Volpi

Di Raffaele Volpi

Israele attraversa una delle fasi più critiche della sua storia recente, sospeso tra conflitto permanente, emergenza democratica e una leadership sotto pressione. Teheran non è più un attore isolato. L’Europa cerca un difficile bilanciamento tra fermezza diplomatica e limiti strutturali di bilancio. Gli Stati Uniti affrontano un riorientamento del proprio impegno internazionale, mentre le promesse di risoluzione del conflitto ucraino si affievoliscono. Davanti a questa complessità, si impone una riflessione strategica che superi la logica dell’intervento reattivo. L’analisi di Raffaele Volpi

I grandi balzi in avanti della storia contemporanea cinese. L'analisi di Valori

L’umanità ha una sola Terra, non ancora si è espansa nel sistema solare, quindi ha un solo futuro comune. Solo il dialogo compone la melodia dell’integrazione e può edificare una migliore civiltà umana che sia la sintesi di ogni realtà etnica e culturale dell’unico pianeta che abitiamo. L’analisi di Giancarlo Elia Valori

Ucraina, Medio Oriente, Africa. Perché la terza guerra mondiale è a pezzi. L'opinione di Di Leo

Di Emmanuele Di Leo

A Kyiv l’integrità di uno Stato è minata da un’aggressione imperialista. In Medio Oriente le democrazie sono sotto attacco sistematico. In Africa i conflitti dimenticati. Non possiamo rispondere al caos con il silenzio. Né al fanatismo con l’indifferenza. Serve una visione europea forte. L’intervento di Emmanuele Di Leo, presidente di Steadfast Ngo

Verso il summit dell’Aia. La Nato semplifica la macchina interna

In preparazione al vertice dell’Aia, la Nato avvia una ristrutturazione interna che coinvolge divisioni e posizioni apicali nel quartier generale di Bruxelles. Come riportato da Politico, l’intervento promosso dal nuovo segretario generale Mark Rutte, mira a semplificare l’architettura amministrativa e ad accrescere l’efficacia dell’Alleanza. Nel frattempo, gli Alleati di preparano a discutere sui nuovi target di spesa

Sfida ai droni iraniani Shahed. Ecco il nuovo sistema di Mbda

L’azienda ha svelato il suo nuovo progetto che compete col drone iraniano al Paris Air Show 2025. Pensato per la saturazione delle difese nemiche, il drone è stato progettato per essere adatto una produzione in massa di circa mille unità al mese

Neutralità pro-iraniana. Come si muove la Cina sul conflitto in Medio Oriente

Nella guerra tra Israele e Iran, Pechino non cerca lo scontro, ma ne sfrutta le crepe. E se il prezzo è qualche ambiguità, l’interesse nazionale viene comunque prima di tutto

A che punto è davvero il programma nucleare iraniano?

Il dibattito sul programma nucleare iraniano si concentra su tre elementi chiave: l’uranio arricchito (oggi a livelli record), i missili vettori e le competenze tecniche per far esplodere una testata. Mentre l’intelligence israeliana avverte che Teheran è ormai vicina all’arma, quella americana ritiene che non sia ancora in corso un effettivo armamento

Così il Cremlino fa leva sulla guerra tra Iran e Israele. Parla Di Liddo (Cesi)

Putin non mira a riportare l’attenzione sul conflitto in Ucraina, ma su sé stesso. La sua strategia è chiara: posizionarsi come attore imprescindibile nel grande gioco mediorientale. L’analisi di Marco Di Liddo, direttore del Centro Studi Internazionali

Gcap, droni e interoperabilità. L’Italia tra ambizioni autonome e scenari integrati

Secondo Roberto Cingolani l’addestratore M-346 di Leonardo potrebbe costituire la base su cui sviluppare i droni gregari che affiancheranno il Gcap, il futuro caccia di sesta generazione  prodotto con Regno Unito e Giappone. La proposta dal Salone di Le Bourget

×

Iscriviti alla newsletter