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Bisogna dare atto a Matteo Renzi di aver fatto risuonare nell’Aula di Palazzo Madama parole all’altezza della situazione, che è drammatica da molti punti di vista anche se i nostri politici generalmente amano come lo struzzo nascondere la testa sotto la sabbia in attesa di un miracolo che questa volta non ci sarà (nemmeno da parte dell’Europa). Che lo abbia fatto per motivi di interesse, che dietro ci siano manovre in corso per cambiare il quadro politico, è evidente. Ma non è questo il problema: in politica le più alte sintesi si hanno quando l’interesse generale coincide con l’interesse particolare, che nello specifico è per Renzi quello di far cadere il governo e dare in prospettiva qualche speranza in più al suo partito rispetto a quelle che oggi gli danno i sondaggi.

L’interesse generale è oggi quello di dire “parole di verità” agli italiani senza i giochetti della comunicazione politica (alla Casalino per intenderci), ad esempio sul futuro di miseria che ci attende. E interesse è essere ben consci che la sicurezza non può essere barattata con il bene più caro, la libertà, e che, se ciò avviene in pochi e limitatissimi (anche nel tempo) casi, chi ha il potere ha il dovere di argomentare il sacrificio con consapevolezza e serietà.

Mettendo anche da parte e (un altro problema di comunicazione poliica) i toni imperativi propri di regimi non democratici (Renzi ha giustamente notato che l’infelicissima espressione “noi consentiamo” è risuonata per ben undici nel discorso di Conte dell’altra sera).

In ogni caso decisioni di una tale gravità, direi da un punto costituzionale, non possono essere assunte senza condivisione effettiva delle altre forze politiche e senza la partecipazione attiva dei veri detentori della sovranità, i cittadini. I quali non sono bambini da proteggere, accudire e accompagnare sulla buona strada: i tempi del dispotismo, fosse pure “illuminato”, sono stati archiviati da un bel po’!.

Chi scrive è stato sempre critico sulla nostra Costituzione, che in più punti risente del fatto di essere la sintesi di equilibri non più esistenti. Ciò non può però far dimenticare, da una parte, che lo spirito di quella Costituzione era tutt’altro, fondato come era sulla responsabilità dei cittadini, e, dall’altra, che è stato all’ombra di essa che abbiamo vissuto un lungo periodo in cui le libertà fonamentali sono state sostanzialmente rispettate e garantite nel nostro Paese. In questo momento, è ad essa che dobbiamo far riferimento, come giustamente ha sottolineato il presidente della Corte Costituzionale Maria Cartabia.

Diamo atto anche a Renzi di aver dato alle cose il proprio nome quando ha parlato, a proposito di come è stata impostata la cosiddetta “fase 2”, di “paternalismo populista” e “visione priva di politica”. In un Paese in cui il termine populismo è diventato talmente vago da essere populista in senso negativo sempre la politica degli altri, questa volta esso è stato usato a proposito: non è con politici che non sappiano assumersi le proprie responsabiltà, delegandole a tecnici di variopinta e a volte pittoresca natura, e non è con visioni di corto raggio e respiro tese a tirare a campare, che si può non dico superare ma almeno affrontare dignitosamente la crisi.

Renzi ha poi minacciato di uscire dalla maggioranza se non si cambia rapidamente e radicalmente registro. Certo, questo governo è stato proprio dal senatore di Rignano fortemente voluto ma, quasi a giustificazione di quel passo dell’agosto scorso, egli oggi ha detto che “non abbiamo negato i pieni poteri a Salvini per darli ad altri”.

È un ennesimo gioco tattico quello di Renzi, e tutto è destinato a restare come prima? Non credo, anche perché solo in questo modo egli esce politicamente dallo stallo politico in cui è ormai da diversi mesi.

Fra l’altro andando a ricoprire, in un nuovo paradosso italiano, quelle posizioni liberali e pro-impresa (forte la critica fatta nel discorso odierno a chi non ha il problema dell’”incasso a fine mese”) che sono state sempre proprie di Forza Italia e che il partito di Berlusconi dovrebbe necessariamente annacquare se scegliesse la via del soccorso “responsabile” al governo. Non sono però sicuro che ciò accadrà se Renzi dovesse togliere il suo appoggio. Non perché il Cavaliere non voglia, ma perché la situazione generale del Paese potrebbe impedirglielo.

Non si può affrontare una “ricostruzione” di tale portata, e dagli esiti così incerti, con l’ennesimo governo Conte e con un’ennesima maggioranza atipica, da una parte di sinistra-sinistra e statalista e dall’altra moderata e liberista.

Fosse pure l’europeismo il collante di tutto. Credo che il governo di unità nazionale, o del Presidente, prima o poi sarà imposto dai fatti. E poiché dovrà godere dell’appoggio di quante più forze politiche possibile, è anche probabile che il riposizionamento di questi giorni di Renzi e Berlusconi, valga più come una cambiale per il futuro remoto che non per quello prossimo.

Intanto, Renzi ha dato una sveglia anche all’opposizione, la quale ora dovrà porre con uguale chiarezza e incisività agli italiani i temi, solo apparentemente slegati, della ripresa economica e delle libertà costituzionali.

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