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Toh, magari perché una tassa permanente sulle persone più ricche del pianeta potrebbe “assicurare un finanziamento adeguato al sistema sanitario, alle scuole, e alla sicurezza”. Accorati, avvertono che la fase di ripresa dei prossimi mesi potrebbe rappresentare una delle ultime occasioni per “riequilibrare il mondo prima che sia troppo tardi”.
Non paghi, si mondano: “A differenza di decine di milioni di persone in tutto il mondo, non dobbiamo preoccuparci di perdere il nostro lavoro, le nostre case o la nostra capacità di sostenere le nostre famiglie… Quindi, per favore. Tassateci. Tassateci. Tassateci. È la scelta giusta. L’unica scelta!*
Ehi, ci siamo! In questi tempi magri torna a farsi prepotente la questione delle diseguaglianze.
Beh, sarà la pandemia o quel che sarà, questa volta si entra a piedi pari nella questione pagando una bella penitenza.
Dunque, se fossi maligno sarei indotto a pensare che… se ‘sti ricchi con le tasse legittimano il reddito guadagnato, con una sovrattassa legittimerebbero quel sovrappiù intascato dal mal trasferimento della ricchezza generata dalla spesa che, non remunerando chi l’ha generata, stressa il potere d’acquisto. Si, il sovrapprofitto del quale scrivono di pentirsi.
Mentre da benigno sto riflettendo su come uscire dalla questione, una malizia mi passa per la mente ma… se con il fisco si redistribuisce, si pareggiano pure i conti con quel potere d’acquisto?
Toh, proprio mentre rifletto, Mark Zuckerberg, non pentito nè espiante, anzi annuncia la sua innovazione. Inizia con i senior engineer che potranno esercitare l’opzione di lavoro da remoto, dai nuovi assunti, oltre ai dipendenti con le migliori valutazioni di risultato. Zuckerberg ha dichiarato che Facebook punterà aggressivamente alle assunzioni da remoto, un modo per ampliare il bacino del capitale umano acquisibile. Prevista anche la creazione di hub fisici regionali, per i momenti di interazione in presenza.
Con una avvertenza: le retribuzioni dei dipendenti “remoti” di Facebook verranno parametrate al costo della vita ed alla fiscalità delle località in cui vivono. Pressappoco una “gabbia salariale”, riferita alla localizzazione dei lavoratori di un’azienda, anziché tra aziende.
No, non si configura come una discriminazione salariale; qui quel che conta è il potere d’acquisto, una grandezza reale e non nominale, ottenuto rapportando la retribuzione nominale al livello dei prezzi.
Si dirà, nuovo eh? Macchè, vecchio come il cucco!
Essipperchè, così Mister Facebook riducendo il salario sembra voler pareggiare il potere d’acquisto, magari tagliandolo dov’è più alto. Un bel modo per continuare a far aumentare le entrate nelle tasche di quelli dalla bassa propensione alla spesa; dimentico di come la crescita economica si faccia proprio con quell’acquisto.
Orsù penitenti e impenitente, per non menare il can per l’aia e nessuno pagar penuria, tocca poter creare il massimo della ricchezza. Per farlo serve una propensione alla spesa, non bassa, nè alta; quella giusta a far acquistare tutto quel che viene prodotto e poter dare a tutte le persone la possibilità di contribuire all’attività economica e di condividerne i benefici.
*La litania del pentimento prosegue: “I milionari hanno un ruolo fondamentale da svolgere nella guarigione del nostro mondo. No, non siamo noi a prenderci cura dei malati nei reparti di terapia intensiva. Non stiamo guidando le ambulanze che porteranno i malati negli ospedali. Non stiamo rifornendo gli scaffali dei negozi di alimentari o consegnando cibo porta a porta. Ma abbiamo soldi, molti. Soldi che sono disperatamente necessari ora e che continueranno a essere necessari negli anni a venire, mentre il nostro mondo si riprende da questa crisi. Oggi noi milionari chiediamo ai nostri governi di aumentare le tasse su persone come noi. Subito. Sostanzialmente. In maniera permanente.”

Mauro Artibani, l’economaio
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Ricchi, tra pentiti e impenitenti

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