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Niente da fare. L’assenza di partiti radicati, democratici e rappresentativi della società, l’azzeramento delle tradizionali culture politiche e la mancanza scientifica di una visione della società non possono che innescare un processo trasformistico ed opportunistico. Ed è puntualmente ciò che capita nella geografia politica italiana da ormai molto tempo. Per uscire dalla metafora, c’è un esempio persino plateale che ha caratterizzato la politica ferragostana che lo spiega in termini quasi scientifici. E cioè, il capo del partito personale di Italia Viva, Matteo Renzi, ha deciso attraverso una intervista ad un quotidiano di archiviare radicalmente e scientificamente tutto ciò che aveva detto, scritto, spiegato, urlato e terrorizzato negli ultimi due anni per dare vita, al contempo, ad una strategia politica del tutto opposta. E cioè, abbandonare la ricostruzione di un progetto politico centrista, riformista e democratico a vantaggio di una alleanza secca con le tre sinistre: quella radicale e massimalista della Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle e quella fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis.

Ora, e senza alcuna polemica politica e tantomeno personale, che coerenza c’è in tutto ciò? Ovviamente nulla. Ma la politica, o almeno la politica con la P maiuscola, ne è del tutto estranea. Nel metodo – le scelte, o le piroette politiche sono frutto delle intuizioni personali del capo indiscusso ed indiscutibile – e nel merito, cioè nella coerenza tra ciò che si dice per lunghi anni e ciò che si fa da un minuto all’altro. E questo lo si spiega con un solo termine: la vittoria del trasformismo. O dell’opportunismo, che è l’altra faccia della stessa medaglia. E quando prevalgono questi disvalori – che, non a caso, vedono nel partito populista dei 5 stelle di Conte il protagonista indiscusso – è abbastanza scontato e definitivo che ne esce sconfitta la politica. E con la politica tutto ciò che storicamente la caratterizza. Ovvero, la coerenza, la trasparenza, la serietà, la lungimiranza e, in ultimo, la credibilità della prospettiva e del progetto. Tutti tasselli che vengono sistematicamente sacrificati sull’altare di una maldestra modernità che non è nient’altro che la declinazione di un trasformismo opportunistico.

Ed è per queste ragioni, semplici ma essenziali, che la politica non recupera la sua credibilità, necessaria e sempre più indispensabile, se non attraverso una profonda revisione del suo modo di agire. E quindi, senza partiti democratici il tutto è appaltato agli umori, alle convenienze e agli interessi del capo partito. Cioè del partito personale. Senza una cultura politica definita e specifica qualsiasi alleanza è reversibile e possibile. E quindi la coerenza è uno slogan svuotato di qualsiasi significato. E, in ultimo, quando la visione della società o “il progetto della società”, come veniva definito un tempo, diventa un semplice optional per i partiti è di tutta evidenza che la stessa politica si riduce ad un mercato dove si compra e si vende la merce a prescindere da qualsiasi coerenza e lungimiranza. Ma senza questi ingredienti ogni ipotesi di rinnovamento e di cambiamento della politica è destinata a naufragare miseramente e, purtroppo, irreversibilmente. Ecco perché battere il trasformismo – figlio e prodotto del populismo anti politico, demagogico e qualunquista – e l’opportunismo è, forse, oggi la vera priorità per ridare qualità alla democrazia e credibilità alle nostre istituzioni democratiche.

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Battere il trasformismo e l’opportunismo è, forse, oggi la vera priorità per ridare qualità alla democrazia e credibilità alle nostre istituzioni democratiche. Il commento di Giorgio Merlo

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