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Tutti sanno che l’intelligenza artificiale rappresenta una straordinaria opportunità, dall’aumento della produttività con le relative conseguenze in termini di crescita, fino al miglioramento delle vita quotidiana delle persone in carne ed ossa.

Come ogni innovazione significativa, l’AI pone interrogativi inediti e multidisciplinari: in questo quadro l’atteggiamento dei legislatori e dei regolatori sarà cruciale.

Da questo punto di vista l’approccio sin qui tenuto dalla Commissione Europea ha puntato su una visione antropocentrica – in linea con la storia e la cultura del vecchio Continente – guardando agli investimenti in un’ottica di sinergia di pubblico e privato. Quindi una visione aperta alle innovazioni AI che mettano al centro le persone.

Invece la bozza della posizione europea sull’AI anticipata da EuroActive venerdì scorso mette l’accento più sui rischi che sulle opportunità, a partire da una totale diffidenza, senza alcun appello, nei confronti delle tecniche di riconoscimento facciale.

Per chi guarda al progresso e all’innovazione senza che la dovuta cautela scada in pregiudizio – anche in considerazione della decisione dell’amministrazione Trump dello scorso febbraio tesa a mantenere la leadership americana sul tema e del noto attivismo cinese  –  la bozza risuona come un significativo campanello d’allarme, che rischia di far rallentare il treno della ricerca e delle innovazioni al Vecchio Continente.

Ciò tra l’altro accade mentre Google, addirittura per bocca del proprio Ceo, fresco della nomina al vertice anche della parent company Alphabet, in un editoriale sul Financial Times, proprio riconoscendo la necessità di regolazione per l’intelligenza artificiale, ha messo a disposizione l’esperienza e la conoscenza del colosso di Mountain View per giungere a una regolazione efficace e condivisa.

Già nel 2018 Google aveva pubblicato i propri principi sull’AI, affermando il massimo impegno per evitare bias e pregiudizi e escludendo al contempo ogni implementazione per scopi che possono recare danni alle persone.

Le sfide poste dall’innovazione non si vincono con la contrapposizione tra legislatore e industry, ma con la collaborazione virtuosa, come proprio il percorso del Gdpr dimostra: senza un vero coinvolgimento degli stakeholders non si sarebbe mai arrivati a sancire il principio della portabilità del dato e a implementare i relativi standard che lo rendono praticabile.

In altre parole, la regolazione non deve mai imbrigliare l’innovazione, ma al contrario permettere ad essa di svilupparsi al massimo limitando i rischi. Solo un percorso che coinvolga appieno tutti gli attori in gioco consentirà all’Europa di svolgere un ruolo all’altezza della sua storia: in questo percorso c’è da augurarsi che anche l’Italia – alla luce del documento degli esperti del Mise sulla “RenAIssance”  –  farà sentire la propria voce.

L'Europa e il treno dell'Intelligenza Artificiale

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