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Campanello d’allarme per l’export italiano della Difesa. I 5,2 miliardi di euro di vendite registrati nel 2019 confermano il trend negativo degli ultimi anni. Mentre calano le esportazioni verso le aree a più forte attrazione globale (Medio Oriente e Asia), conforta in parte la ripresa dei rapporti con Regno Unito e Stati Uniti, primi partner italiani in questo campo. Lo certifica la Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, presentata al Parlamento dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. Secondo il documento, redatto dall’Autorità nazionale Uama della Farnesina (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), nel 2019 i movimenti complessivi (tra import ed export) sono stati pari a 5,4 miliardi di euro.

IL TREND DEGLI ULTIMI ANNI

Per l’export, i 5,2 miliardi segnano un calo dell’1,38% rispetto al 2018. Conferma un trend negativo costante dal 2016, quando i dati erano schizzati in su (+85% sul 2015) grazie alla commessa da 7,3 miliardi per 28 Eurofighter al Kuwait. Nel 2017, aveva pesato il maxi contratto da 4,2 miliardi di euro per le sette navi vendute da Fincantieri al Qatar, corredate dai sistemi di Leonardo a Mbda. Per l’anno scorso, sono mancati i grandissimi contratti (nessuna autorizzazione supera il miliardo di euro), tra le ragioni per cui si conferma il dimezzamento dell’export rispetto al 2017 e il -65% in confronto al 2016. Le destinazioni delle licenze di esportazione sono state 84, in linea con gli ultimi quattro anni e in aumento rispetto ai periodi precedenti.

GLI ATTORI DEL COMPARTO

Al primo posto tra le società esportatrici si conferma Leonardo, che copre il 58% dell’export nazionale, con 717 autorizzazioni, nonostante il calo di valore dai 3,2 miliardi del 2018 ai 2,3 dello scorso anno. Al secondo posto Elettronica, il Gruppo guidato da Enzo Benigni e specializzato in electronic warfare e cyber intelligence, che ha ridotto le autorizzazioni (da 27 a 18), ma aumentato considerevolmente il loro valore, da 29 milioni a 225. Chiude il podio la bolognese Calzoni (parte dell’americana L3Harris), specializzata nella sistemistica per assetti navali e sottomarini. Seguono Orizzonte sistemi navali (la joint venture tra Leonardo e Fincantieri, rilanciata proprio l’anno scorso per nuovi programmi), Iveco Defence Vehicles (azienda di Bolzano attiva nel segmento terrestre) e Thales Alenia Space (jv spaziale tra Leonardo e la francese Thales). Al settimo posto Fincantieri, che nel 2018 era fuori classifica (come nel 2016). Chiudono la top ten Avio Aero (business di GE Aviation) e Rwm Italia, che nel 2018 era risultata seconda.

DOVE VA IL MADE IN ITALY

Per quanto riguarda le destinazioni, al primo posto c’è l’Egitto, con autorizzazioni per circa 872 milioni su cui pesa la fornitura di 32 elicotteri di Leonardo tra AW149 e AW189. Seguono il Turkmenistan (446 milioni) assente nel 2018, e il Regno Unito, che con 419 milioni torna a confermarsi partner importante della Difesa italiana, da tenere in considerazione anche ora, nell’epoca post-Brexit. Altra conferma riguarda l’asse con gli Stati Uniti, quarta destinazione con 306 milioni, in aumento dai 192 del 2018 (gli Usa sono anche la prima fonte dell’import nel campo). La maggior parte delle autorizzazioni alle esportazioni ha riguardato Paesi Ue e Nato (oltre 1.600 contro le 571 verso il resto del mondo), sebbene in termini di valore siano più rilevanti i trasferimenti esterni alle alleanze, che coprono quasi il 63% dei movimenti complessivi.

LA PERDITA DI AREE STRATEGICHE

Sorprendono i trend relativi alle aree geografiche. L’export italiano aumenta difatti ovunque, ad eccezione delle aree che sono considerate a più forte crescita: Africa settentrionale, Medio Oriente e Asia. Sono queste le zone del globo che stanno trainando mercati sempre più competitivi. La perdita di terreno rispetto a competitor agguerriti e con meno peli sullo stomaco (vedasi il dibattito sull’export versi l’Arabia Saudita o sulla commessa per le Fremm all’Egitto) trova nei dati dell’Uama un campanello d’allarme importante, pari a 700 milioni in meno tra il 2018 e il 2019 nelle suddette aree.

LA COLLABORAZIONE CON I PARTNER

Non sono compensati dall’aumento del valore dell’export verso i partner dell’Ue. Anche perché prosegue pure la riduzione dei dati relativi ai programmi intergovernativi, per lo più sviluppati con Paesi Nato e Ue (unica eccezione il Brasile per il programma Amx). Se cala il valore dei programmi con Uk, Spagna e Germania, aumenta quello dei progetti sviluppati con la Francia (36 milioni rispetto ai 17 del 2018). Da segnalare il peso positivo del programma F-35. Le autorizzazioni alle esportazioni di molteplici aziende italiane impegnate nel Joint Strike Fighter hanno valso 63 milioni di euro di export, in crescita rispetto ai 20 del 2018.

PROSPETTIVE PANDEMICHE

Numeri da tenere in considerazione in vista dell’attesa onda lunga del Covid-19. Ovunque, il settore della Difesa teme ripercussioni importanti, tra budget nazionali a rischio contrazione e mercati internazionali a più difficile accesso. Per l’Italia, ciò si traduce nell’esigenza di sostenere l’export del comparto, sbocco vitale per un settore strategico anche nell’ottica di ripartenza economica. Il 2020 è per ora stano contraddistinto da due vittorie importanti in terra statunitense, conquistate dai due campioni nazionali, Leonardo e Fincantieri, per gli elicotteri d’addestramento e le fregate multiruolo della US Navy. È il segnale dell’eccellenza di cui dispone il Paese, a cui va tuttavia affiancato il necessario supporto istituzionale. L’ultima legge di bilancio ha chiuso il 2019 con una novità importante: l’introduzione del meccanismo G2G, gli accordi governo-governo da anni invocati dal comparto della Difesa. La loro implementazione appare ora ancora più urgente.

L’export della Difesa italiana cala ancora. Ecco tutti i numeri (e le sorprese)

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