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Non ci sono solo greggio, trasporti, logistica e commercio tra i settori in forte sofferenza a causa dell’emergenza coronavirus. Anche il comparto solare a stelle e strisce vede minacciati i propri progetti e, conseguentemente le specifiche prospettive, dopo la forte espansione del 2019 in cui il settore ha superato il gas naturale come la principale fonte di energia. Come impatta il virus sulle strategie applicate alle rinnovabili? E quali possono essere gli scenari più verosimili?

SOLARE

Lo scorso anno il solare ha rappresentato il 40% di tutta la nuova capacità di generazione elettrica negli Stati Uniti: si tratta del record assoluto. Il comparto ha mostrato anche una crescita dal 2018 del 23% come osservato dal rapporto Year-in-Review del 2019 di US Solar Market Insight, pubblicato dalla Solar Energy Industries Association (SEIA) e Wood Mackenzie.

Prima dell’avanzare dell’emergenza Covid19, le previsioni facevano riferimento alla possibilità che la capacità fotovoltaica totale installata negli Stati Uniti sarebbe aumentata del 47% nel corso del 2020, con circa 20 GW di nuovi impianti previsti entro la fine dell’anno. Con la probabilità elevata che sia il 2020 che il 2021 sarebbero potuti essere due anni di record assoluti per l’industria solare degli Stati Uniti. Cosa cambierà adesso?

COVID-19 E RINNOVABILI

La criticità risiede nel fatto che le aziende attive nel comparto solare hanno una prima difficoltà nel dover interrompere le forniture di componenti come pannelli e inverter. A ciò si aggiunge la carenza di manodopera in quanto anche ai cittadini americani viene chiesto di limitare i contatti sociali per ridurre la diffusione della malattia. Per cui il generale rallentamento si somma al trend degli ultimi anni in cui l’intero sistema faceva mostra di volersi smarcare dai combustibili fossili.

I timori espressi dalla Seia risiedono nel fatto che è nella natura dinamica dell’epidemia che vanno ricercati i possibili cambiamenti, sia nelle prospettive del settore che, prima, in quelle comportamentali. Secondo Abigail Ross Hopper, presidente e ceo della Seia, “anche se le tariffe hanno rallentato la nostra crescita, abbiamo sempre affermato che l’industria del solare è resistente, e questo rapporto lo dimostra”. Ma “sappiamo aneddoticamente che la pandemia sta iniziando a influire sui programmi di consegna e che potrebbe influenzare la domanda di energia solare e la nostra capacità di rispettare le scadenze di completamento del progetto basate in parte su nuove carenze di manodopera”.

STOP AND GO

Il solare non è l’unico settore delle energie rinnovabili a essere interessato dagli effetti del coronavirus. Anche l’industria eolica in Cina mostra segni di cedimento, in considerazione del fatto che il virus ha arrestato gran parte della produzione cinese di componenti per turbine eoliche.

Di contro si registrano già iniziative per combattere i potenziali danni del virus. Amazon annuncia quattro nuovi progetti di energia rinnovabile in tutto il mondo nei prossimi due anni, progettati per fornire energia verde ai data center gestiti dalla sua controllata di cloud computing Aws. Saranno dislocati in Virginia, Australia, Svezia, Spagna in grado di produrre ogni anno 840mila MWh di energia combinati in più, utili al fabbisogno delle abitazioni americane.

Con questo annuncio Amazon punta a rispettare il suo impegno di raggiungere l’80% di energia rinnovabile entro il 2024, portando al 100% di energia rinnovabile entro il 2030. Al contempo assumerà 100mila dipendenti per far fronte al caso Covid-19 e sta inoltre investendo 350 milioni di dollari in tutto il mondo per dare una aumento al proprio personale nei suoi centri ordini e nella rete di consegna.

SCENARI

Una delle principali preoccupazioni sul fronte delle energie alternative risiede nel fatto che le interruzioni dell’approvvigionamento potrebbero realisticamente influenzare i mercati dell’energia solare ed eolica. Il timore maggiore non è tanto la riduzione della produzione in sé, poiché il processo di produzione potrebbe essere gestito in altri Paesi oltre alla Cina. Bensì si guarda ai cosiddetti “minerali critici”, che possono essere trovati solo in alcuni Paesi. Gli Stati Uniti hanno identificato 35 minerali fondamentali per l’economia e la sicurezza nazionale, tra cui elementi delle terre rare. Di questi il principale esportatore è la Cina, che controlla circa il 70% delle forniture.

twitter@FDepalo

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