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Un doppio colpo, dal sapore provocatorio e destabilizzante, che si inserisce in un momento complicatissimo dei rapporti tra Iran e resto del mondo. Da un lato Teheran avvia nuove esercitazioni navali vicino allo stretto strategico di Hormuz, che provocano la fisiologica reazione di Tel Aviv, mentre i ribelli Houthi sostenuti dall’Iran nello Yemen sparano contro petroliere saudite.

Due mosse che non solo elevano al cubo la tensione con gli Usa nel Golfo, anche se le forze americane “garantiranno la libertà di navigazione”, ma che innescano una serie di reazioni a catena perché toccano uno snodo strategico del traffico petrolifero mondiale.

QUI TEHERAN

Teheran utilizza piccole imbarcazioni per infastidire le grandi petroliere saudite. Tuttavia, secondo i rapporti di alcuni analisti in loco, gli Stati Uniti si stanno organizzando per mettere a punto un sistema di reazione basato su missili a guida laser per contrastare la minaccia iraniana. Il mezzo usato dovrebbe essere l’A-10 in grado di attaccare i motoscafi, dotato di un potente cannone e fortemente indicato per questo tipo di attacchi.

La reazione scomposta iraniana segue la stagione di sanzioni degli Stati Uniti, che stanno anche stimolando una serie di proteste interne contro il regime degli ayatollah.

In pratica l’Iran ha minacciato apertamente di interrompere il trasporto di petrolio sia nello stretto di Hormuz che in quello di Bab al-Mandab. Da Hormuz transita il 30% del petrolio mondiale trasportato via mare. Solo tre mesi fa petroliere inglesi e americane sono state costrette a cambiare rotta proprio per la presenza contemporanea di uno sciame di motoscafi iraniani, mentre due anni fa in Iran sono state catturate due piccole imbarcazioni da commando statunitensi che si trovavano lì per difendere i carichi di greggio.

QUI TEL AVIV

Se gli iraniani proseguiranno nel tentativo di chiudere lo stretto di Bab al-Mandab alla foce del Mar Rosso, Tel Aviv ha già annunciato che formerà una mini coalizione regionale per impedirlo. Due giorni fa lo ha detto apertamente il primo ministro Benjamin Netanyahu, dopo che la scorsa settimana due petroliere saudite erano state attaccate in quelle acque.

Ad Haifa in occasione di una cerimonia della Marina israeliana, il premier ha ammesso le responsabilità degli iraniani che hanno tentato di sabotare la navigazione di alcune petroliere e ha certificato che se l’Iran bloccherà ancora la via navigabile di Bab al-Mandab, “sono convinto che si troverà contro una coalizione internazionale determinata a impedirlo, questa coalizione includerà lo Stato di Israele e tutti i suoi alleati”.

Un passaggio rafforzato anche dalle parole del ministro della difesa Avigdor Liberman secondo cui “abbiamo recentemente ricevuto minacce di attacco a navi israeliane nel Mar Rosso, guardo le persone intorno a me che sono qui, ed è un peccato che i nostri nemici non possono vederle e capire che siamo pronti a rispondere a qualsiasi minaccia”. E ancora: “Saremo meno selettivi, e il danno ai nostri nemici sarà più alto, spero che ne terranno conto”.

Anche perché il giorno prima delle parole di Netanyahu l’Arabia Saudita aveva annunciato di voler sospendere le spedizioni di petrolio attraverso lo stretto, inviando ai mercati petroliferi un segnale di nervosismo che si somma alle tensioni dell’ultimo semestre sull’accordo per il nucleare iraniano.

QUI RIAD

Riad annuncia di aver sospeso temporaneamente tutte le spedizioni petrolifere attraverso lo stretto di Bab El-Mandeb, dopo il doppio attacco effettuato dalla milizia yemenita Houthi il 25 luglio scorso. Ogni imbarcazione conteneva due milioni di barili di petrolio, per conto dei sauditi della National Shipping Co. L’attacco ha provocato lievi danni alla petroliera Arsan, per cui la nave è stata scortata al porto saudita di Jizan, accompagnata dalla fregata saudita HMS Al-Dammam.

Lo stretto di Bab Al-Mandab è una delle rotte marittime più trafficate del mondo, perché collega il Mar Rosso con il Mar Arabico. Nel 2016 circa 4,6 milioni di barili di petrolio lo hanno attraversato diretto verso l’Europa, l’Asia e gli Stati Uniti.

Ma gli attacchi non sono stati affatto una sorpresa: lo scorso gennaio Saleh al-Samad, leader del governo ribelle Houthi, aveva detto ad una delegazione dell’Onu che visitava la sua brigata di avere come opzione un attacco strategico nel Mar Rosso al fine di sabotare la navigazione internazionale.

twitter@FDepalo

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