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Ma l’Italia è una democrazia o una percentualcrazia? Vige il dominio del popolo, del corpo elettorale, o il dominio delle percentuali? È questa la domanda che da tempo sale alla mente in seno all’Academy Spadolini. Man mano che osserviamo l’andamento delle ultime consultazioni elettorali, dalle europee alle varie regionali, meno del 50% in media del corpo elettorale si è recato alle urne. Poniamo che ci sia un 25% di astensione fisiologica, ma almeno l’altro 25% che non esprime il suo voto, evidentemente, lo fa in quanto astensionista “attivo”. Persone che non amano, certo, così come si presenta oggi, la vita politica, il modo di far politica, il modo in cui si pongono leader e partiti. Eppure i partiti sembrano sordomuti rispetto a questo fenomeno.

Sostanzialmente, nessuno se ne fa carico. Forse preferiscono, alla luce dell’abitudine a lottizzarsi tante altre cose, lottizzarsi anche i voti: misurarsi sulle percentuali invece che sulle effettive quantità dei voti. Forse, più che di assuefazione, si tratta di negazione voluta di quello che è un serio problema della democrazia italiana. Un problema che come Academy Spadolini, Academy della Repubblica per superare la troppa divisività, nel nostro spirito al di sopra delle parti vorremmo mettere al centro del discorso pubblico e del confronto politico. La terapia sarebbe lunga da spiegare, in quanto coinvolgerebbe la vita democratica interna dei partiti, la possibilità dei cittadini di esprimere una preferenza anche per le elezioni politiche, una qualche forma di sostegno e finanziamento pubblico ai partiti e varie altre cose. Per ora ci accontentiamo di proporre un’aspirina abbastanza efficace, anche se non incide sull’eziologia della malattia che ha colpito il corpo elettorale. Una malattia che i partiti e i loro vari leader, che dovrebbero fungere da medici, fingono di non vedere.

L’aspirina può essere la previsione, così come avviene in Paesi come l’Estonia o la Svizzera, del voto online, che potrebbe attrarre anche parti significative dell’elettorato, a cominciare da quello giovanile, verso le urne. Ma sembra proprio che non ci sia voglia né capacita di affrontare le questioni fisiologicamente bipartisan. Cioè quelle che dovrebbero interessare tutti al netto della troppa divisività e dei troppi settarismi. Così è, ad esempio, per questioni come quella dei bassi salari, del lavoro povero, dell’esigenza di una qualche forma di politica dei redditi per rinvigorire il potere d’acquisto delle famiglie. Anche qui, la soluzione potrebbe essere quella di puntare sul patto sociale. Magari adottando il Cnel, egregiamente presieduto da Renato Brunetta, come casa dei corpi intermedi e delle parti sociali. Come luogo per un’adeguata istruttoria ai fini del patto sociale. Landini non vuole? Bene, non è che si vive di solo Landini o di “landinismo”. Basta crederci, così come fece Ciampi con il suo governo del 1993 o come propose, andando ancora indietro, Ugo La Malfa con la politica dei redditi nel 1962.

Versiamo in un altro ambito in cui non c’è la capacità di cogliere il vero bene comune: l’interesse superiore del Paese. Si potrebbe proseguire. Molto a breve mancheranno quattro giudici costituzionali, con gravi effetti sulla funzionalità della Corte, perché i partiti non riescono ad accordarsi, ad anteporre l’interesse generale ai loro interessi letti e vissuti in chiave divisiva e settaria. L’Academy Spadolini si dedica a questioni di questo genere, questioni che rientrano nell’interesse superiore del Paese. Un qualcosa cui, tranne il Presidente Mattarella, quasi nessuno sembra guardare. Ma senza puntare sull’interesse generale, alla fin fine, non c’è neanche vera politica, non si seguono le vere questioni aperte nella Polis.

E se l'astensionismo si combattesse col voto online? La proposta di Tivelli

In Paesi come l’Estonia o la Svizzera è previsto il voto online, che potrebbe attrarre anche parti significative dell’elettorato, a cominciare da quello giovanile, verso le urne. Ma sembra proprio che non ci sia voglia né capacita di affrontare le questioni fisiologicamente bipartisan. La riflessione di Luigi Tivelli, presidente dell’Academy di cultura e politica Giovanni Spadolini

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