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Non si ferma la penetrazione infrastrutturale cinese nei Balcani, almeno in apparenza, con l’obiettivo di usare i copiosi fondi (ammesso che siano tali) a disposizione delle aziende di Pechino come cavallo di Troia nel Paese ospitante, così come accaduto in Montenegro. Questa volta nel mirino della Cina c’è la Croazia, con cui la cinese Crbc ha stretto un accordo per la costruzione di un ampio tratto stradale a Spalato. Ma i conti cinesi, stando ai dati diffusi, non consentirebbero nuovi investimenti. Tutt’altro.

Il progetto

È stato siglato l’accordo per la costruzione di un tratto di strada tra la China Road and Bridge Corporation e la Croatian Roads da 74,6 milioni di euro: comprende anche un tunnel lungo 2,5 chilometri e i lavori termineranno fra tre anni. Secondo il premier Andrej Plenkovic il progetto stradale è “strategicamente importante” per la seconda città più grande del Paese e per il turismo croato, ha aggiunto: “Nonostante la pandemia di Covid-19, la Crbc si è dimostrata eccezionale ed efficace e sono felice che questa fiducia sia nuovamente sul tavolo”, ha affermato, aggiungendo che il progetto stradale è un esempio di cooperazione di qualità tra Croazia e Cina. Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro del mare, dei trasporti e delle infrastrutture Oleg Butkovic che ha tessuto le lodi della Crbc, realtà in grado di dare prova della sua “validità con la costruzione del ponte di Peljesac, inaugurato nel luglio dello scorso anno, siamo felici di avere un appaltatore serio e rinomato”. Alla cerimonia, come di consueto, è intervenuto anche l’ambasciatore cinese in Croazia, Qi Qianjin, secondo cui la strada segna “un nuovo punto culminante nella cooperazione Cina-Croazia e Cina-Ue”.

Ponti e muri

Il progetto del ponte Peljesac è datato 2018, costruito da un consorzio di imprese cinesi sempre guidato dalla China Road and Bridge Corporation: 2,4 km sulla baia di Mali Ston, che collega Komarna con Brijesta. Di fatto è un progetto della Belt and Road Initiative che punta ad allargarsi. Crbc intende adesso costruire il prossimo tratto dell’autostrada montenegrina Bar-Boljare da 40 chilometri, al confine con la Serbia, ma il progetto preliminare è stato rifiutato da Bers e Bei. Dal 2014 Cina e Montenegro ha firmato un contratto con Crbc per la costruzione dell’autostrada, il cui costo, nelle intenzioni, doveva essere coperto dalla banca cinese Exim per un valore di 944 milioni di dollari.

La principale accusa alla Bri è quella di essere, di fatto, una sorta di trappola del debito, data dal fatto che Pechino avanza crediti eccessivi a Paesi non solvibili così come accaduto in Sri Lanka e Montenegro. La risposta euroatlantica si ritrova alla voce Pgii, richiamata durante il summit G20 di Bali, sia dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden che dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. La Partnership for Global Infrastructure and Investment è un piano da 600 miliardi di dollari per competere con la Bri.

I conti cinesi che non tornano

La situazione generale cinese è zavorrata da due elementi di criticità: in primis lo strumento di finanziamento classico usato dalla Cina, il bond, che è andato al tappeto; in secondo luogo la crisi del mattone vede il buco nero di Evergrande e di Country Garden, due nomi altisonanti del panorama cinese, come un macigno insormontabile. Per avere un’idea della situazione complessiva delle realtà citate, va ricordato che Country Garden ha dichiarato una perdita netta record per i primi sei mesi del 2023 da 6,2 miliardi di euro. Per cui accanto a dati oggettivi come questi, ecco che sta iniziando a prendere densità una presa di coscienza globale delle difficoltà con cui la Bri deve fare i conti, così come osservato da Francis Fukuyama, su Foreign Affairs.

Bri e rischi geopolitici, i Balcani ci ricascano o la Cina bluffa?

La cinese Crbc e le strade croate stipulano un accordo per la costruzione di un ampio tratto stradale a Spalato che, di fatto, riprende il filone già andato in scena in Montenegro, con la penetrazione cinese che “vale” come un cavallo di Troia per il Paese ospitante. Ma i conti cinesi non consentirebbero nuovi investimenti

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