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Eni vive giorni di grande effervescenza e cambiamenti, soprattutto tra le sue controllate. Prima, però, ci sono i conti dei nove mesi. Chiusi con un utile netto adjusted di 4,3 miliardi, in calo del 34% e un utile netto a 2,3 miliardi, in flessione del 48%. Quanto al terzo trimestre, l’utile operativo proforma adjusted è stato di 3,4 miliardi, a fronte di un utile netto sempre adjusted di 1,3. Il flusso di cassa di 2,9 miliardi, infine, è stato sostenuto dai continui progressi nell’attuazione della strategia della società, dal contributo dei nuovi progetti, dalla crescita dei business legati alla transizione e dalle azioni di efficienza e di disciplina finanziaria.

Numeri, questi ultimi, che per il numero uno del gruppo, Claudio Descalzi, danno la cifra dell’ottima tenuta di Eni, in un contesto internazionale tra i più complessi degli ultimi anni, anche e soprattutto dal punto di vista energetico. “Nel terzo trimestre abbiamo ancora una volta dimostrato la solidità del nostro modello di business grazie a un portafoglio di attività caratterizzate da crescenti vantaggi competitivi, alla rigorosa disciplina adottata nei costi e negli investimenti, e ai continui progressi nell’esecuzione della nostra strategia di crescita e di creazione di valore, conseguendo risultati migliori delle aspettative: le performance di cassa e di redditività sono state eccellenti in un contesto operativo meno favorevole, con il rapporto di leva che è rimasto stabile al 22%, mentre abbiamo accelerato il ritmo di esecuzione dei riacquisti di azioni”.

E proprio nel 2025 ci sarà uno scatto importante della produzione. Eni, nel diffondere i conti, che non hanno impattato sul titolo a Piazza Affari, che a metà mattinata viaggiava sul +0,6%, ha confermato per quest’anno l’obiettivo di produzione per il petrolio, rivedendo però al rialzo le previsioni per il gas. La produzione di idrocarburi annuale è stata così prevista a circa 1,70 milioni di barili al giorno, alla nuova previsione di prezzo medio del Brent di 83 dollari al barile. Per il settore del gas, l’ebit proforma adjusted atteso di fine anno è rivisto al rialzo a circa 1,1 miliardi di euro, mentre per le controllate Enilive e Plenitude è confermato l’Ebitda proforma adjusted di circa 1 miliardo per ciascun segmento, nonostante un mercato sfavorevole.

Ed è proprio su Enilive, il polo green e della mobilità di Eni, che in queste ore si è materializzata una manovra non certo banale, firmando con Kkr il contratto per l’ingresso del fondo Usa nel 25% del capitale sociale di Enilive. Kkr, che lo scorso luglio e in cordata con il Tesoro ha rilevato da Telecom la rete primaria e secondaria, verserà un corrispettivo di 2,9 miliardi di euro che saranno corrisposti in due step. Il primo è la sottoscrizione di un aumento di capitale in Enilive riservato al fondo da 500 milioni di euro. Il passaggio successivo, invece, è l’acquisto di azioni Enilive da Eni a fronte del pagamento di 2,4 miliardi di euro, corrispondente ad una valutazione di 11,75 miliardi di euro in termini di equity value per il 100% del capitale sociale di Enilive.

Non è finita. Anche sul versante della chimica c’è fermento. Eni, come preannunciato in occasione della presentazione del piano strategico 2024-2027, ha messo a punto il piano di trasformazione e rilancio, anche in ottica di decarbonizzazione, del business della chimica. Il piano, che implica circa 2 miliardi di euro di investimenti e un taglio in termini di emissioni di circa 1 milione di tonnellate di CO2, circa il 40% delle emissioni di Versalis in Italia, prevede nuovi impianti industriali coerenti con la transizione energetica e la decarbonizzazione dei vari siti industriali, nell’ambito della chimica sostenibile ma anche della bioraffinazione e dell’accumulo di energia. Per consentire di realizzare i nuovi impianti, cesseranno le attività degli impianti cracking a Brindisi e Priolo, e del polietilene a Ragusa.

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