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L’ottantatreesimo compleanno del Presidente Mattarella racconta di una freschezza di pensiero, di una capacità di visione e di una forma fisica che resiste persino alle prove transoceaniche. Sembra l’incarnazione di quel sentiment popolare che dice: “Quando la testa c’è, funziona anche il resto”.

E così, dall’alto del suo secondo mandato e del furor di popolo, può permettersi il lusso di sorridere (ma solo intimamente, perché il suo aplomb istituzionale non concederebbe mai sarcasmi pubblici) ai conflitti per un secondo mandato di due ottuagenari americani e ai dibattiti cosmici sul peso degli anni, con l’uscita di scena di uno e la sopravvivenza di un altro coetaneo.

Mattarella: tutto un altro stile. Se la storia della Presidenza della Repubblica italiana ha subito un tragico inciampo in quel maledetto 16 marzo 1978 con il rapimento e poi l’uccisione di Aldo Moro (e della sua scorta), l’uomo che avrebbe varcato la soglia del Quirinale nel breve giro di qualche mese, possiamo dire che con l’elezione di Mattarella quella storia ha poi saputo trovare un qualche risarcimento.

Almeno dal punto di vista della continuità politica ma anche umana. Perché il Presidente della Repubblica è certamente la persona che più di ogni altra può dirsi continuatrice del pensiero di Aldo Moro. Lo è per formazione, giuristi entrambi ed entrambi implicati nell’impegno intorno alla Costituzione, Moro come giovane Costituente, Mattarella come membro della Consulta che giudica dell’applicazione corretta delle norme costituzionali. Lo è per la comunanza di tragedie personali e familiari causate da attentati di forze criminali ed eversive che agivano contro lo Stato. Lo è per ispirazione culturale, cattolico-democratica e per militanza nella DC nell’area non della conservazione ma in quella solidale e riformista. Lo è per profili caratteriali e persino quasi per una fisicità che collega le due figure, l’aura di serietà e di autorevolezza che le pervade e l’empatia con il popolo che sanno accendere.

Forse non tutte le migliaia di elettori pugliesi che affollavano i comizi di Moro capivano fino in fondo certi suoi ragionamenti, ma lo ascoltavano, si fidavano di lui, riflettevano su quei concetti profondi. Si trattava di pedagogia democratica, lo stesso principio che Mattarella ha sempre voluto valorizzare nel corso dei suoi mandati presidenziali, esplorando fino in fondo le possibilità dell’esternazione.

Il rispecchiamento per entrambi nei principi-cardine della Costituzione, come gli articoli 2 e 3 che parlano di uguaglianza e di solidarietà, collocando la persona umana e la sua dignità sopra a tutto, rappresenta poi la cifra dell’intera esperienza presidenziale di Mattarella.

In questa strana furia iconoclasta che, come un fuoco di Sant’Antonio ritornante, sembra aver preso una parte della politica e della dottrina con la bizzarria del premierato elettivo, una figura come quella del Presidente disegnata dai Costituenti regredirebbe a un ruolo esornativo: non più il secondo polmone della democrazia in caso di atrofia dei partiti, non più il punto di equilibrio oltre i conflitti della piccola politica politicante. Non più un riferimento per tutta la nazione, a cui ogni cittadino (ma anche la politica stessa, persa in mezzo al nulla e poi ritrovata con la moral suasion presidenziale, vedi la presidenza Draghi) guarda nei momenti difficili.

E su questo ci pare che Mattarella, sempre in cima al gradimento popolare in tutti i sondaggi sulle istituzioni e sulla politica, abbia dato larghe e irrefutabili prove di capacità e di sapienza, operando super partes per il bene della nazione.

Buon compleanno, allora, Presidente. Cento di questi giorni, perché, come diceva Thomas Jefferson, un presidente non si giudica per l’età che ha ma per le sue opere. E ci sarà parecchio ancora da fare, eccome.

Phisikk du role – Buon compleanno Presidente

Di Pino Pisicchio

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