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Si scrive decreto dignità ma le imprese leggono allarme dignità. Delle aziende però. Non è tenera Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, nel giudicare il primo atto di governo degno di questo nome e colorato di gialloverde.

Quel decreto dignità licenziato alle dieci di ieri sera dal Consiglio dei ministri che restringe non poco la flessibilità delle imprese nella gestione dei rapporti di lavoro (qui l’approfondimento di ieri di Formiche.net). D’altronde, volendo fare esercizio di realismo, il momento non è dei migliori. La ripresa è ancora a rischio gelata e il sistema produttivo vuole mani libere per evitare di rientrare nel tunnel.

“Così come concepito il decreto dignità non risolve nessuno dei problemi che si propone di affrontare”, attacca Panucci. “Anzi, li aggrava determinando effetti contrari a quelli dichiarati. Non è certo penalizzando le imprese e scoraggiando gli investimenti che si può stabilizzare l’occupazione e ridurre le disuguaglianze”.

Il ragionamento di Confindustria è questo. Se è vero che la forza lavoro dipende dalle imprese, allora che senso ha mettere in discussione l’equilibrio creatosi negli ultimi anni. Nella sostanza, fare a pezzi il jobs act può aiutare i lavoratori ma se non aiuta chi gli dà lavoro non è come tornare al punto di partenza?

“I buoni risultati evidenziati dall’Istat sul fronte del lavoro”, prosegue la numero due degli Industriali, “i migliori degli ultimi anni, dovrebbero suggerire meno superficialità nello smontare strumenti che stanno dando prova di funzionare sul piano dell’economia reale”.

Fin qui un giudizio complessivo, tarato più che altro altro sulla riscrittura di parte delle norme che disciplinano i contratti a termine. Ma anche sul fronte delle delocalizzazioni l’opinione di Confindustria è a dir poco critica. Come noto il governo ha previsto delle specie di penali per chi sposta l’impresa pur essendo stato assegnatario di fondi pubblici. In particolare scatteranno multe da 2 a 4 volte il beneficio ricevuto per le imprese che si spostano “entro cinque anni dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata”.

Secondo Panucci, “anche sul fronte delle delocalizzazioni si rischia, sparando nel mucchio, di colpire la libertà e gli investimenti di tutte le imprese senza punire i veri opportunismi. Se davvero ci si vuole confrontare su un terreno pragmatico e non ideologico non è questo il modo giusto di agire”.

In coda agli Industriali anche gli artigiani della Cna. Per i quali “il primo atto del governo ha profondamente deluso le aspettative di artigiani e piccole imprese. L’irrigidimento introdotto nell’utilizzo dei contratti a tempo determinato penalizza quanti stanno creando occupazione. L’unica certezza è quella di rialimentare il contenzioso giudiziario annullato in questi anni proprio dalla eliminazione della causale nei contratti a tempo determinato”.

Vi spiego perché il decreto dignità non piace alle imprese. Parla Marcella Panucci

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