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Domenica mattina. La stampa britannica informava che Sahar Dofdaa, che aveva solo un mese di vita, è morta a Damasco. Morta di fame. Era nata nel villaggio di Hamuriya, nella Ghouta, un’area assediata da anni dalle truppe fedeli al governo di Damasco e controllata da un gruppo fondamentalista,l’esercito dell’Islam che tiene in scacco i suoi abitanti. È la stessa area dove l’esercito di Assad, nel 2013, fece strage di civili usando armi chimiche, anche se il sigillo dell’ufficialità. sulla sua responsabilità l’ONU non ha saputo porvelo, perché dal 2012 i caschi blu sono stati allontanati dalla Siria. Il Guardian, quotidiano londinese, ha pubblicato le dichiarazioni del dottor Yahya Abu Yahya, che ci fa sapere che i casi di grave malnutrizione infantile come quello di Sahar, nata da una madre che non aveva la forza di nutrirlo, sono una settantina, 4mila quelli con carenze nutrizionale. E il campione al quale fa riferimento è limitato a 9mila bambini.

Se neanche questo ci ha scosso probabilmente è perché la macchina della propaganda ci ha convinto che alla Ghouta come in altre zone controllate da feroci jihadisti tutti sono terroristi, anche i bambini che hanno un mese di vita. Invece questo è con ogni probabilità il drammatico prodotto perseguito con la ferocia esercitata dal regime dal 2001. È così anche ad Idlib.

Martedì mattina. Per quanto in Italia sia stata poco divulgata, dalla stampa internazionale si apprende un’altra notizia interessante: la Russia ha opposto il veto alla risoluzione che avrebbe consentito la prosecuzione delle indagini sulle stragi chimiche in Siria, Joint Investigative Mechanism, il cui mandato scade a novembre. A fine ottobre sarebbe prevista la relazione sulla strage chimica perpetrata a Khan Shaykhun, nei pressi di Idlib, questa estate, e nella quale, come nella strage chimica della Ghouta, perirono molti bambini. La Russia avrebbe voluto discutere il rapporto sulla strage di Khan Shaykhun prima di rinnovare il mandato.

Mercoledì mattina. È opportuno far sapere che un centinaio di città italiane si sono svegliate scoprendo che Casa Pound e il Fronte Europeo per la Siria, hanno tappezzato mura e monumenti con scritte inneggianti a uno dei più famigerati comandanti delle forza armate siriane, Issam Zahreddine, criminale di guerra, responsabile di crimini contro l’umanità, recentemente morto in combattimento in Siria, colpito da un’azione dell’Isis. Lui, maggiore generale della Guardia Repubblicana siriana, è stato inserito dall’Unione Europea in una “short list” di individui colpiti da sanzioni personali e speciali, con l’accusa di essere stato tra gli organizzatori dell’attacco chimico di Khan Shaykhoun.

Il generale è divenuto famoso per una fotografia, che lo ritrae vicino a impiccati chiaramente torturati in precedenza, e un filmato, che lo ritrae camminare davanti a una fila di cadaveri così lunga da indurlo a fermarsi prima di aver concluso la sua passeggiata. Secondo i familiari di Marie Colvin, la giornalista assassinata in Siria, fu lui a ordinare l’attacco di artiglieria una volta appreso dove la famosa reporter era alloggiata. Tra le sue ultime azioni pubbliche, un’intervista rilasciata proprio poche settimane fa. Rivolgendosi ai milioni di profughi siriani fuggiti all’estero dopo aver perso tutto Issam Zahreddine ha detto: “Se sapete cosa è bene per voi, non rimetterete mai piede in Siria.” È bene sapere che tra gli ambienti che simpatizzano con costui figurano anche gruppi della sinistra radicale.

Che cosa combinano Casa Pound e Fronte Europeo per la Siria

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