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La Cina si scopre debole sulle assicurazioni e trova una pericolosa falla nella vigilanza sulle aziende strategiche. Il ciclone che sta investendo l’economia della Grande Muraglia si chiama Anbang, uno dei giganti assicurativi mondiali, con un fatturato di 315 miliardi, oltre quattro volte quello delle Generali tanto per farsi un’idea. Pechino ha appena azzerato i vertici della compagnia, dichiarandone di fatto il commissariamento di un anno per evitarne il crack. Che inevitabilmente, fanno notare come il default si trascinerebbe dietro pezzi di economia cinese e forse non solo. E così, a quasi dieci anni, anche il Dragone scopre la sua Lehman Brothers delle assicurazioni.

TRA DEBITI E REATI

A mettere knock out Anbang è stato un micidiale uno-due arrivato nel giro di pochi giorni. Tanto per cominciare l’incriminazione del dominus del gruppo Wu Xiaohui, ex presidente del consiglio di amministrazione e direttore generale di Anbang.  Accusato senza mezzi termini di di frode e appropriazione indebita di fondi raccolti sfruttando il suo incarico. Reati che nella Repubblica popolare sono considerati particolarmente gravi. Secondo le fonti vicine al dossier, l’accusa è partita dalla Procura popolare municipale di Shanghai, che hanno chiesto, e ottenuto la rimozione del manager. Ma non è tutto. A schiacciare il gigante asiatico c’è anche un debito. Immenso.

A UN PASSO DALL’INSOLVENZA

Già prima della messa in atto dei comportamenti fraudolenti, l’azienda navigava in cattive acque a causa di un pesantissimo stock di debiti fuori bilancio, molti dei quali contratti con società estere. Secondo alcuni calcoli di Bloomberg, l’esposizione di Angbang, nata nel 2004 come società di assicurazioni per auto, è al primo posto fra quelle di altri colossi asiatici alle prese con enormi debiti, come Noble Group e India Reliance Communications. E non è un caso che pochi giorni fa Standard&Poor’s abbia abbassato il profilo di credito del gruppo da b a ccc +. Il sopraggiungere delle operazioni illegali hanno però complicato il tutto, prosciugando le casse dell’azienda e creando nei fatti una situazione di insolvenza e facendo scattare il commissariamento da parte dell’autorità di vigilanza sulle assicurazioni. Il messaggio, tardivo, di Pechino alle sue aziende che gonfiano i debiti è chiaro.

LA CINA TREMA

A questo punto c’è da chiedersi che cosa succederà nel breve termine. Se ci sarà un effetto a cascata, come pare stia accadendo nel Regno Unito con alcune major (qui lo speciale di Formiche.net sul collasso di grandi gruppi inglesi) o addirittura una Lehman cinese, oppure Pechino riuscirà a gestire la crisi. Gli analisti di Bloomberg sono pessimisti. Raccogliere i soldi in borsa o farseli prestare da una banca potrebbe non bastare. Chi avrebbe il coraggio di fidarsi di un gruppo i cui vertici sono incriminati, tra le altre cose, per bancarotta e con un debito abnorme? Addirittura, secondo il commentatore di Bloomberg Markets, Andrew Cinko la vicenda di Anbang porta alla mente la bolla immobiliare giapponese della fine degli anni Ottanta, che costrinse Tokyo a pesantissimi interventi strutturali. E poi, c’è lo spettro di una vigilanza che ha fatto acqua, incapace di intervenire prima che fosse troppo tardi. Qualcosa che richiama, alla lontana, quanto avvenuto con le banche in Italia.

AFFARI AMERICANI

La crisi del colosso cinese rischia però di avere anche ripercussioni negli Stati Uniti. Tanto per cominciare il gruppo è proprietario del celebre albergo di New York, Waldorf Astoria, in passato frequentato da industriali del calibro di J.D. Rockefeller. Di più. Angbang ha avuto in passato numerosi contatti di affari con la famiglia Trump, visto che l’ex numero uno Wu nel novembre 2016 incontrò Jared Kushner (nella foto), il genero di Donald Trump, per parlare di possibili affari, poi abbandonati, tra Anbang e la società immobiliare in parte controllata dalla famiglia di Kushner, marito di Ivanka.

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