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Ormai lo danno tutti per certo. Il partito nazionalista Alternative für Deutschland (AfD) entrerà nel prossimo Bundestag. Forse non otterrà il 10 per cento dei voti, come attualmente prevedono i sondaggi, ma per entrare entrerà di certo.

Un partito simile non c’è mai stato dal dopoguerra nel parlamento tedesco. È vero, nel 1969 il partito di estrema destra Npd aveva molti consensi, ma poi si fermò al 4,3 per cento dei voti.

Björn Höcke, capo regionale dell’AfD in Turingia, tempo addietro si è scagliato contro il Monumento all’Olocausto di Berlino, affermando che: “Non c’è altra nazione con al centro della sua capitale un monumento della vergogna”. E anche Alexander Gauland, ex politico della Cdu, si è vieppiù spostato a destra. Due settimane fa, durante un comizio, ha affermato che non vi è alcun motivo di vergognarsi del ruolo svolto dai soldati tedeschi durante la seconda guerra mondiale. “Hanno semplicemente eseguito degli ordini”. Una frase che riecheggia quelle di Adolf Eichmann. E Gauland, vista l’età, 76 anni compiuti, non può non saperlo, anzi è probabile che giochi volutamente con certi rimandi storici. E chi entrerà nel Bundestag, non è detto che non si avvarrà delle stesse provocazioni. Secondo un’analisi condotta da BuzzFeed News dei 396 candidati deputati dell’AfD, 47 avrebbero fatto recentemente esternazioni di tipo nazionalsocialista.

In un articolo di un po’ di tempo fa, il quotidiano progressista di Berlino “Tagesspiegel” suggeriva di seguire i consigli di esperti in comunicazione, e cioè: “Chi non è tuo amico, è tuo allenatore”. Detto altrimenti, vedere nell’avversario una sorta di palestra dove imparare a relazionarsi con lui, senza ovviamente rinnegare i propri principi.  D’altro canto come continuare a ignorarli, se dopo essere entrati in 13 parlamenti regionali, ora siederanno anche nel Bundestag?

Certo, molto dipenderà anche dall’atteggiamento e comportamento di questi nuovi arrivati. Stando alle esperienze regionali, c’è chi dai banchi del Parlamento continua a provocare, ma anche chi lavora seriamente.

Soprattutto Angela Merkel si è dovuta confrontare ultimamente – e non solo nei Länder dell’est – con una salve di fischi, con gruppi di tedeschi che le urlavano addosso di essere una traditrice della Patria. Stando a certi tweet, non sono pochi tra questi che la vorrebbero morta. Altro che “Mutti”, mamma della nazione.

Ma perché tutta questa rabbia, ci si chiede ora? Perché un Paese dove i dati economici sono i migliori che ci si possa aspettare si è trasformato in un Paese della rabbia cieca, come si leggeva un paio di numeri fa sulla copertina del settimanale der Spiegel? Perché il dissenso viene espresso sempre più attraverso le urla, gli insulti pesanti, in particolar modo contro le donne?

La risposta, anche se non giustifica azioni e reazioni, è semplice: una parte della popolazione di questa congiuntura favorevole non ha avuto alcun beneficio, si sente lasciata da parte, dimenticata, mentre ai profughi che per la Germania non hanno mai fatto nulla, viene dato tutto, a loro tutto è dovuto.

E in effetti, anche se la Germania è il potente motore d’Europa, non tutto luccica come parrebbe. Secondo l’ultimo rapporto sullo stato sociale del Paese risulta, infatti, che nel frattempo sono saliti a tre milioni i bambini a rischio povertà. Mentre quello tra le persone anziane è cresciuto negli ultimi anni 50 per cento. È vero che 44 milioni di tedeschi hanno un lavoro e che la disoccupazione giovanile è pressoché debellata; e ancora che le pensioni sono state aumentate in queste legislatura nei nuovi Länder del 23 per cento, e del 14 per cento nei Länder dell’ovest. In compenso sono aumentati, e molto più velocemente, gli affitti. Oggi si spende in media il 40 per cento di quel che si guadagna per l’affitto (in Germania è molto meno diffusa la casa di proprietà). E infine, per quel che riguarda il lavoro, sono in tutto 8 milioni i tedeschi che, nonostante abbiano un lavoro a tempo pieno, devono ricorrere all’assegno di sussistenza, perché il salario da solo non basta. Dunque qualcosa va fatto.

Detto questo è però anche vero quel che sostengono gli altri partiti, e cioè che, guardando il programma dell’AfD, non ci sono proposte concrete. E in un recente talk show, Gauland stesso, interrogato sulle pensioni e sulla scuola, ha ammesso che per questi temi non sono ancora state elaborate proposte strutturate, “d’altro canto siamo un partito giovane, abbiamo bisogno di più tempo”. Una risposta che convince poco, visto che Alice Weidel (in foto con Alexander Gauland), insieme a Gauland, candidato di punta è laureata in economia e a suo tempo aveva fatto una tesi sul sistema pensionistico in Cina

A ben vedere, il consiglio degli esperti non è dunque poi così bizzarro. È vero che la Germania pareva fino a poco tempo fa, anche per la sua storia, immune a formazioni politiche quale è l’AfD. È vero che l’Europa si mostra particolarmente allarmata. Ma non serve cambiare le regole del Bundestag che prevede l’apertura della prima seduta del nuovo Parlamento da parte del deputato anziano (che sarebbe ora un deputato dell’AfD), guardare con apprensione al fatto che a guidare l’opposizione come partito più forte potrebbe essere quello nazionalista. Sta invece ora agli altri partiti dimostrare che sono saldi abbastanza per non correre dietro alle chimere dell’AfD, che sanno come non cadere nella trappola della provocazione, e al tempo stesso usano la presenza dei deputati dell’AfD a mo’ di pungolo.

Alice Weidel, germania

Ecco perché la destra di AfD miete consensi in Germania

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