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Con un intervento su Repubblica, l’ex segretario del Pd Walter Veltroni ha bacchettato la politica italiana e più precisamente la sinistra perché, a suo dire, avrebbe abbandonato la battaglia ambientalista. Nel farlo, ha citato un video della NASA che mostra con un timelapse il riscaldamento globale dal 1880 al 2015, e un’intervista al The Guardian del direttore del Goddart Institute for Space Studies della Nasa Gavin Schmidt, secondo cui “negli ultimi 30 anni ci siamo mossi in un territorio eccezionale, mai visto negli ultimi mille anni”.

L’esortazione ai colleghi di partito arriva a due settimane dalla devastazione seminata dall’uragano Harvey in Texas e Louisiana, ma soprattutto nel giorno in cui il più violento uragano Irma ha raggiunto le coste della Florida. Il video e l’intervista citati dall’ex sindaco di Roma però risalgono a più di un anno fa. Pochi mesi dopo Donald Trump sarebbe arrivato alla Casa Bianca e il 16 novembre Gavin Schmidt, pluripremiato scienziato esperto di clima citato da Veltroni, avrebbe twittato infastidito: “Al riscaldamento planetario non importa delle elezioni”.

Nello stesso periodo, in un’intervista al The Independent Schmidt si era detto al sicuro da eventuali purghe post elezioni: “La ricerca scientifica del Governo e il resto delle cose di solito vanno avanti a prescindere dalle visioni politiche di chi è ai vertici”. Oggi Schmidt è ancora al suo posto, ma l’amministrazione Trump per il bilancio Nasa del 2018 ha voluto tagliare i fondi al suo Goddard Space Flight Center per ben 239 milioni di dollari. Per di più, il 2 settembre Trump ha annunciato di voler nominare Jim Bridenstine a capo della NASA, guidata da gennaio da un amministratore ad interim, Robert Lightfoot.

La nomina, che passerà per il vaglio del Senato (dovrebbe essere una formalità), è di peso non soltanto perché, primo caso nella storia, il repubblicano dell’Oklahoma ha esperienze nel settore militare e non nella ricerca scientifica, ma anche perché non fa mistero di voler imprimere all’agenzia un netto cambio di rotta, specialmente alla ricerca sul clima, rispetto all’era Obama, quando, secondo il senatore, si spendeva “30 volte più denaro nella ricerca sul riscaldamento globale che nelle previsioni e negli annunci del meteo”.

Lo stesso Trump in campagna elettorale aveva promesso di ridurre il budget per la divisione di Scienze della Terra e concentrare gli sforzi sull’esplorazione spaziale. Arrivato a Capitol Hill però alle promesse non sono (per ora) seguiti i fatti. Rispetto all’anno precedente il taglio c’è stato, ma meno drastico del previsto: il bilancio previsionale della NASA per il 2018 è di 19,1 miliardi di dollari, 561 milioni in meno rispetto alla vecchia amministrazione.

Se tutto va secondo i piani del Tycoon, Bridenstine guiderà un’agenzia che spende ancora molto nelle missioni spaziali (53 milioni di dollari in meno) ma molto meno nella ricerca ambientale per la Terra (-170 milioni) e nell’educazione (-63 milioni). Uno scenario che dividerà i membri del Comitato per la Scienza del Senato incaricato di confermare la nomina: senatori repubblicani come Bob Walker e John Tune voteranno a favore, mentre il loro collega Marco Rubio e il democratico Billy Nelson hanno già promesso battaglia.

Al di fuori delle istituzioni, la nuova linea dell’agenzia, meno ricerca sul clima e più soldi per le esplorazioni spaziali, ha già trovato consensi degni di nota. È il caso delle 70 imprese della Coalizione per la Profonda Esplorazione Spaziale (CDSE), che mercoledì ha pubblicato un comunicato di endorsement a Bridenstine, “un attivo e lucido difensore dello spazio a Capitol Hill”. Lo stesso giorno Antonio Busalacchi, presidente della Corporazione Universitaria per la Ricerca Spaziale, ha spezzato una lancia a favore del nuovo amministratore: “apprezziamo la sua profonda conoscenza dell’importanza di migliorare le previsioni meteorologiche per l’economia e la sicurezza statunitense”.

Ma ci sono anche agenzie federali e think-tank di primo piano a trumpeggiare sulle questioni climatiche. Due di recente hanno difeso il presidente dagli attacchi di opinionisti e scienziati, che vedono nella furia degli uragani Harvey e Irma la dimostrazione del surriscaldamento globale. Il 30 agosto l’Amministrazione Nazionale dell’Oceano e dell’Atmosfera ha dichiarato: “E’ prematuro concludere che le attività umane, e soprattutto le emissioni di gas che causano il riscaldamento globale, abbiano già avuto un impatto rilevabile sull’uragano dell’Atlantico”. Allo stesso modo, Alan Reynolds del liberista CATO Institute è intervenuto sull’emergenza uragani contro gli ambientalisti, le cui “storie sono tipicamente infuse di stupida arroganza”.

Se Trump non è riuscito ancora a prendere in mano il timone della Nasa, in questi otto mesi ha però dettato la linea sul cambiamento climatico con una serie di nomine e defenestrazioni nelle agenzie governative. A partire dalla potente Environmental Protection Agency (EPA), che ora sotto la guida del trumpiano Scott Pruitt ha il compito di smaltire le migliaia di regolamenti sull’ambiente lasciati in eredità da Obama.

Da marzo 2017 il sito dell’agenzia ha subito un profondo restyling cpn l’eliminazione della sezione dedicata al clima. All’inizio di maggio 5 membri del comitato scientifico sono stati rimossi, in linea con la promessa di Pruitt di sostituirli con esponenti del mondo industriale, mentre nella prima settimana di agosto sono stati licenziati i 15 membri del Comitato Federale dei Consiglieri sul Clima (FAC). Il 25 dello stesso mese infine, riporta Reuters, l’EPA ha annunciato il taglio dei fondi per il Climate Leadership Award, programma dell’era Obama nato per premiare le aziende che riducono le emissioni di gas.

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