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Pubblichiamo un estratto del discorso tenuto mercoledì 11 ottobre dal Santo Padre presso l’Aula Nuova del Sinodo ai partecipanti all’Incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione in occasione del XXV anniversario della firma della Costituzione Apostolica Fidei Depositum da parte di san Giovanni Paolo II, testo che accompagnava l’uscita del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Signori Cardinali,
cari fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
fratelli e sorelle,

vi saluto cordialmente e ringrazio Mons. Fisichella per le cortesi parole rivoltemi.

(…) Nei secoli passati, quando si era dinnanzi a una povertà degli strumenti di difesa e la maturità sociale ancora non aveva conosciuto un suo positivo sviluppo, il ricorso alla pena di morte appariva come la conseguenza logica dell’applicazione della giustizia a cui doversi attenere. Purtroppo, anche nello Stato Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando il primato della misericordia sulla giustizia. Assumiamo le responsabilità del passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo. Tuttavia, rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli.

Qui non siamo in presenza di contraddizione alcuna con l’insegnamento del passato, perché la difesa della dignità della vita umana dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale ha sempre trovato nell’insegnamento della Chiesa la sua voce coerente e autorevole. Lo sviluppo armonico della dottrina, tuttavia, richiede di tralasciare prese di posizione in difesa di argomenti che appaiono ormai decisamente contrari alla nuova comprensione della verità cristiana. D’altronde, come già ricordava san Vincenzo di Lérins: «Forse qualcuno dice: dunque nella Chiesa di Cristo non vi sarà mai nessun progresso della religione? Ci sarà certamente, ed enorme. Infatti, chi sarà quell’uomo così maldisposto, così avverso a Dio da tentare di impedirlo?» (Commonitorium, 23.1: PL 50). E’ necessario ribadire pertanto che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona.

«La Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, e tutto ciò che essa crede» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 8). I Padri al Concilio non potevano trovare espressione sintetica più fortunata per esprimere la natura e missione della Chiesa. Non solo nella “dottrina”, ma anche nella “vita” e nel “culto” viene offerta ai credenti la capacità di essere Popolo di Dio. Con una consequenzialità di verbi, la Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione esprime la dinamica diveniente del processo: «Questa Tradizione progredisce […] cresce […] tende incessantemente alla verità finché non giungano a compimento le parole di Dio (ibid.).

La Tradizione è una realtà viva e solo una visione parziale può pensare al “deposito della fede” come qualcosa di statico. La Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti! No. La Parola di Dio è una realtà dinamica, sempre viva, che progredisce e cresce perché è tesa verso un compimento che gli uomini non possono fermare. Questa legge del progresso secondo la felice formula di san Vincenzo da Lérins: «annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate» (Commonitorium, 23.9: PL 50), appartiene alla peculiare condizione della verità rivelata nel suo essere trasmessa dalla Chiesa, e non significa affatto un cambiamento di dottrina.

Non si può conservare la dottrina senza farla progredire né la si può legare a una lettura rigida e immutabile, senza umiliare l’azione dello Spirito Santo. «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri» (Eb 1,1), «non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio» (Dei Verbum, 8). Questa voce siamo chiamati a fare nostra con un atteggiamento di «religioso ascolto» (ibid., 1), per permettere alla nostra esistenza ecclesiale di progredire con lo stesso entusiasmo degli inizi, verso i nuovi orizzonti che il Signore intende farci raggiungere.

Vi ringrazio per questo incontro e per il vostro lavoro e vi benedico di cuore.

(IL TESTO INTEGRALE DELL’INTERVENTO SI PUÒ LEGGERE QUI)

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