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Non c’è solo Palazzo Chigi. Nel 2018, oltre alle politiche, gli elettori saranno chiamati al voto in sei regioni: Lombardia, Lazio, Molise, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta. Le partite più importanti si giocheranno dalle parti di Milano e Roma, col M5s che cercherà di conquistare la sua prima regione a discapito di centrodestra e centrosinistra. In attesa di capire se politiche e regionali verranno accorpate in un unico election day, come suggerito da Silvio Berlusconi, la principale novità, nel panorama politico italiano, è rappresentata da Liberi e uguali, il contenitore della sinistra radicale che comprende Mdp, Sinistra italiana e Possibile che fa capo al presidente del Senato, Pietro Grasso. A livello nazionale, il nuovo soggetto si pone in contrapposizione al Pd di Matteo Renzi. Senza apparentamenti e possibilità di alleanze. Sui territori, invece, il discorso potrebbe essere diverso. Tanto che sia in Lombardia, sia nel Lazio sono già iniziati i primi ammiccamenti tra i dem e gli scissionisti. Le alternative sono due: correre da soli, com’è accaduto in Sicilia, col rischio di disperdere voti, oppure confluire in una larga coalizione. Il vecchio centrosinistra unito.

GORI CHIAMA GRASSO

Dopo il successo al referendum sull’autonomia, il centrodestra, in Lombardia, dovrebbe andare sul sicuro: con ogni probabilità, il governatore in carica, il leghista Roberto Maroni, sarà il candidato di riferimento di Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Anche il M5s ha già un suo esponente in campo: si tratta del consigliere regionale e vincitore delle cosiddette regionarie, Dario Violi. Il primo a ufficializzare la sua candidatura, però, è stato il sindaco Pd di Bergamo, Giorgio Gori. In un primo tempo, l’ex spin doctor di Renzi s’era detto disponibile a sfidare Mdp alle primarie di coalizione. L’intesa coi bersaniani, però, non è stata trovata. E il Partito democratico è andato per la sua strada. Dopo la nascita di Liberi e uguali, Gori ha lanciato il suo appello a Grasso: “Credo che ci siano tutte le ragioni perché l’alleanza con Liberi e uguali ci sia in Lombardia anche in caso di concomitanza del voto con le politiche”, ha detto il primo cittadino di Bergamo. Il quale, in Lombardia, ha già incassato il sostegno di ciò che resta di Campo progressista di Giuliano Pisapia. “Credo che la stessa cosa possa fare Liberi e uguali in termini di contributo al profilo politico e programmatico del nostro progetto”, ha proseguito Gori, “anche perché qui non esiste la possibilità di un accordo successivo al voto: forse a livello nazionale le forze politiche, all’indomani del voto, potranno anche accordarsi in parlamento, ma in Regione non funziona così”. Il sindaco ha già annunciato di voler chiamare Grasso per chiedergli di correre col Pd: “O si vince, e si vince insieme, e si volta pagina dopo 23 anni di governo di centrodestra, oppure si lascia di nuovo la Lombardia in mano al partito di Salvini. Credo che questo argomento il presidente Grasso sia assolutamente nella condizione di apprezzarlo e di fare una scelta conseguente”. Da Milano, però, arriva il primo stop di Liberi e uguali. “Alleanza con Gori? Sono pessimista”, ha tagliato corto il coordinatore di Mdp, Onorio Rosati. “Credo che peserà lo scenario politico nazionale”.

I SINDACI CON ZINGARETTI

Lo stesso anche nel Lazio dove il Pd è alla ricerca di un’intesa con gli uomini di Grasso. A difendere la poltrona di governatore sarà il dem Nicola Zingaretti, mentre il centrodestra deve ancora decidere se sostenere o meno il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, già in corsa con una lista civica. Il M5s, invece, schiererà Roberta Lombardi, primo capogruppo dei grillini alla Camera. Nel centrosinistra, Zingaretti, come Gori, crede alla possibilità di un’alleanza con la sinistra radicale. Il presidente della Regione ne era convinto anche prima della nascita della creatura di Grasso. “Credo che la sfida nel Lazio sia la costruzione di un’alleanza innovativa, coraggiosa, fuori dagli schemi nazionali”, ha spiegato Zingaretti alla fine di novembre rispondendo ad alcune critiche mosse dal deputato di Si, Stefano Fassina. “La condizione, però, è il rispetto di tutte le idee e il rispetto, anche, di un’esperienza di governo difficile, complicata, ma che ci ha permesso di raggiungere insieme risultati importanti”. Al fianco del governatore si sono schierati 202 sindaci laziali che hanno sottoscritto un appello in suo favore. Tra questi c’è il primo cittadino di Cerveteri, Alessio Pascucci, fondatore del partito dei sindaci, Italia in Comune. Pascucci, uno dei relatori della prima convention del movimento di Grasso, ha già annunciato le sue intenzioni di voto: alle politiche farà la croce su Liberi e uguali, mentre alle regionali barrerà il simbolo del Pd legato al nome di Zingaretti. “Ho sostenuto Zingaretti cinque anni fa e intendo rifarlo”, ha sottolineato l’amministratore romano. Su Liberi e uguali, invece, Pascucci ha ammesso che “da uomo di sinistra guardo con interesse a questo movimento. Sono un civico, ma alle politiche qualcuno dovrò pur votare”.

Che cosa rischia il Pd alle prossime regionali in Lazio e Lombardia dopo la rottura con Grasso

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