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Smart city e smart working: binomio inscindibile per gli imprenditori che si sono riuniti nella sede milanese di Maire Tecnimont a Milano per affrontare, assieme al sindaco Giuseppe Sala, il tema del cambiamento del modo di intendere il lavoro. Il capoluogo lombardo ha necessità di rivoluzionare il proprio approccio alla produzione, non solo per restare appetibile in campo internazionale ma anche per spazzare via quella nuvola di smog che da più di un mese incombe sulla città. La sfida, dunque, è ridurre gli spostamenti del personale aumentando se possibile la produttività. Sembra la quadratura del cerchio eppure, per gli addetti ai lavori, le attuali tecnologie consentono già tutto questo.

SALA: “IL LAVORO E’ LA NOSTRA RELIGIONE”

Il primo cittadino Giuseppe Sala torna sulle polemiche dei giorni scorsi che hanno riguardato una sua dichiarazione sull’inquinamento (“Mi piacerebbe una Milano più lenta”) e, a scanso d’equivoci apre il proprio intervento scandendo che “il lavoro è e resta la seconda ‘religione’ dei milanesi”. “La nostra città – continua il sindaco – è destinata a cambiare, senza però dimenticare i suoi 26 secoli di storia. Vogliamo coniugare progresso ed etica del lavoro”. Quindi, nello specifico: “Milano deve rivedere i suoi ritmi, deve ripensare alla sua organizzazione. Nell’epoca digitale non ha senso continuare a spostarsi di continuo, in automobile o in aereo, magari per partecipare a una riunione o per accogliere dei clienti. Sono tutte attività, queste, che nel prossimo futuro andranno fatte virtualmente, davanti a un cellulare. In buona parte del mondo lo smart working è già realtà”.

“MILANO PRIMA SMART CITY ITALIANA, SERVE L’AIUTO DI TUTTI”

“Per i prossimi anni saremo un cantiere – avverte il primo cittadino – non solo per i lavori per la costruzione della nuova metropolitana, per i quali comunque come rappresentante dell’amministrazione cittadina mi scuso, ma anche sul fronte tecnologico. Saremo – promette Sala – la prima città italiana a sperimentare il 5G che sarà fondamentale per completare la trasformazione in smart city, e sarà necessario anche per procedere con lo smart working”.
Quindi il sindaco si rivolge agli imprenditori in platea: “Il nostro motto sarà ‘lavora dove vuoi ma in comodità’. Come in ogni cantiere ci saranno disagi, qualcosa potrà non funzionare, qualcosa non darà i risultati sperati, molti non capiranno: ecco perché chiedo a chi fa impresa di collaborare con noi tanto segnalando ciò che non funziona quanto illustrando agli scettici i pregi del progetto”.

IL RETTORE DEL POLIMI: “LA VERA SFIDA RENDERE SMART LA PA”

Sala assicura: “L’amministrazione sarà vicina a tutte le imprese che vorranno prendersi il rischio di aggiornarsi puntando su queste nuove tecnologie utili a ridurre il traffico e l’inquinamento e anche a migliorare la qualità di vita in città, la qualità del lavoro e la nostra salute”.“Bisogna evitare che lo smart working venga inteso come semplice delocalizzazione del lavoro” dice Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano. “E poi – aggiunge – la vera sfida sarà quella di applicare lo smart working in modo sartoriale non solo alle PMI, ma anche sulla PA”. “Sotto questo aspetto, Milano è stata particolarmente precoce – gli fa eco Alessandro Spada, vice presidente di Assolombarda – e ha iniziato la sua trasformazione in smart city con lo smart working già nel 2014 per mezzo delle ‘giornate del lavoro facile’. Il nuovo tema è strettamente connesso all’Industria 4.0. Si deve spostare l’ottica – conclude – dal controllo del lavoro a quello dei risultati”.

REINVENTARE L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

La strada da seguire pare essere quella tracciata dal gruppo Maire Tecnimont, azienda del settore della fornitura di tecnologia e di ingegneria e costruzione di impianti industriali, con il progetto “be adaptive, be smart!”, un nuovo modo di intendere la produzione in cui l’ufficio non è più al centro della scena. Si lavora da casa, ma guai a chiamarlo tele-lavoro. Sicuramente pratico, certamente comodo, probabilmente un po’ alienante. Eppure, chi lo ha provato non tornerebbe più indietro: i dipendenti sono più rilassati e gli imprenditori più felici perché, dati alla mano, le loro aziende producono di più.

REINVENTARE GLI SPAZI AZIENDALI

Al momento la sperimentazione riguarda un gruppo pilota di 200 impiegati, ma presto Maire Tecnimont prevede di lasciare alla totalità dei propri dipendenti (1.800) massima flessibilità sull’organizzazione: 1 giorno in azienda e gli altri, volendo, si opera da remoto. In questo modo si reinventa anche la struttura fisica dell’impresa: l’intera Hall del Complesso Garibaldi (1.200 mq tra i grattacieli di Porta Nuova) si apre alla popolazione di Milano e al co-working. Si vuole restituire alla città ciò che la città dà all’azienda: “Milano è un ‘plus’ anche in fase di aggiudicazione dei lavori – rivela Fabrizio Di Amato, presidente del Gruppo – a volte la scelta è ricaduta su di noi perché i clienti apprezzavano la possibilità di poter venire in questa città in fermento, con mezzi di qualità europea, dalla grande offerta artistico-culturale”.

AD MICROSOFT: “LA TECNOLOGIA NON BASTA, OCCORRE UN PROCESSO DI CHANGE MANAGEMENT”
Anche a costo di dire una verità un po’ scomoda per chi vende gli ultimi ritrovati tecnologici, l’ad di Microsoft, Silvia Candiani, ammette: “La tecnologia è essenziale, perché senza è impossibile pensare di introdurre lo smart working nelle nostre aziende, ma fondamentale è un serio processo di change management”. Bisogna insomma rivoluzionare non solo gli spazi lavorativi e i luoghi da cui è possibile accedere alle proprie mansioni, ma proprio l’approccio al lavoro stesso.

ASSOLOMBARDA: “NON RESTIAMO ATTACCATI AI VECCHI MODELLI”

Il vice presidente di Assolombarda, Spada, traduce nel concreto il problema: “Le nostre imprese fanno affari con l’Asia, che vuol dire avere un partner che lavora mentre qui si dorme e dorme quando noi andiamo in ufficio. Hanno rapporti sempre più intensi con il Medio Oriente, e là si lavora in giorni della settimana diversi dai nostri perché hanno festività differenti. Sarebbe anacronistico continuare a pensare il lavoro come a qualcosa di rigido e immutabile, con i suoi spazi, i suoi orari e i suoi ritmi”.

“LO SMART WORKING E’ UNA COSA SERIA: IN BALLO 13 MILIARDI”

“Lo smart working è una cosa seria, una vera e propria rivoluzione” dichiara Massimo Fracaro, caporedattore della sezione economica del Corriere della Sera. “Gli smart-workers sono ormai più di 305 mila in Italia, con un incremento di oltre il 60% rispetto al 2013. Non solo – continua – sono i lavoratori più soddisfatti, ma sono anche quelli che padroneggiano meglio le nuove tecnologie e sono pure i più produttivi. Se lo smart working si estendesse in tutta Italia si guadagnerebbero oltre 13 miliardi di Pil”.

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