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Della possibilità di introdurre una nuova imposta patrimoniale ultimamente ne stanno parlando tutti, ma proprio tutti.

La invoca la frangia più estrema della sinistra italiana per equità sociale, la chiede l’Europa per spostare la tassazione dai fattori produttivi (lavoro ed impresa) al patrimonio, la scongiurano i partiti di centrodestra da sempre contrari a questa tipologia di tassazione e tutto questo proprio in prossimità della scadenza di IMU e TASI del 16 giugno, imposte da sempre mal digerite dagli oltre 18 milioni di contribuenti chiamati al pagamento e che verseranno nelle casse dello Stato circa 10 milioni di euro.

In realtà parlare di una nuova imposta patrimoniale, soprattutto sugli immobili, sembra cosa abbastanza illogica se si considera il già gravosissimo onore fiscale sul mattone, più che raddoppiato dal 2010, ultimo anno di applicazione dell’ICI, e soprattutto alla luce dei dati pubblicati dell’Agenzia delle Entrate nel rapporto annuale sul mercato immobiliare.

Nel rapporto infatti viene evidenziato come in percentuale nel nostro Paese la tassazione sugli immobili in rapporto al prelievo complessivo sia del 3,6%, cifra assolutamente in linea con la media Europea del 3,3% e addirittura superiore a quella di Germania (1,2%) e Spagna (3,4%).

Analizzando il report dunque, l’ingerenza già di per se eccessiva di Bruxelles nella politica fiscale italiana con l’esplicita richiesta di reintrodurre l’IMU sull’abitazione principale sembra non suffragata da alcuna particolare carenza impositiva nel settore e con tutta probabilità gravare di nuove imposte i fabbricati rappresenterebbe un rischio forse troppo azzardato per la nostra economia da sempre fortemente legata al mattone.

Il rischio sarebbe infatti quello di fermare nuovamente il mercato immobiliare che, come certificato da una ricerca ISTAT, inizia finalmente a dare segni di ripresa con un incremento del 17% delle compravendite 2016 rispetto al 2015, dopo il lungo periodo di declino iniziato nel 2011 proprio con l’introduzione dell’onerosissima IMU.

L’impatto che ha avuto l’imu sull’economia è infatti ormai cosa nota, dal blocco delle compravendite al crollo dei prezzi dei fabbricati al conseguente impatto disastroso per tutto l’indotto economico correlato al settore.

Forse a Bruxelles manca la volontà di capire che ogni Stato membro ha delle specifiche caratteristiche economiche e culturali e non si può completamente standardizzare l’imposizione fiscale, soprattutto quella immobiliare, considerato che la Comunità Europea è formata da paesi come il nostro in cui il legame sociale ed economico alla casa è fortissimo, con addirittura il 77% della popolazione che vive in immobili di proprietà, e da altri invece come Inghilterra e Francia in cui l’immobile è un bene considerato di lusso per cittadini facoltosi.

Se in futuro si dovesse dunque pensare all’introduzione di una qualsiasi tipologia di imposta, è inconcepibile che l’input derivi dall’esterno e non da dibattito interno, autonomo, parlamentare.

campagna europa, chiesa europea

Perché l'Europa non deve chiederci di reintrodurre l'Imu sull'abitazione principale

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