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La scorsa settimana gli avvocati del Centro europeo per i diritti costituzionali e umani di Berlino (Ecchr) hanno inviato al Procuratore federale pubblico un esposto penale contro la statunitense Gina Haspel, da febbraio nominata n. 2 della Cia dal direttore Mike Pompeo, (nella foto), con il benestare di Donald Trump.

Le accuse sono di aver praticato di persona e favorito l’uso della tortura su prigionieri sospettati di terrorismo nell’“Occhio di gatto”, un carcere segreto della Cia in Thailandia, vicino a Bangkok. Il tutto risalirebbe al 2002, quando George Bush aveva appena lanciato la “guerra al terrore” post 11 settembre: la Haspel aveva ricevuto il compito di supervisionare il sito segreto thailandese e di testate il nuovo programma di “interrogazioni avanzate” della Cia, ovvero un mix di torture per far parlare i prigionieri sospettati di legami con Al-Qaeda.

Tra le diverse vittime della Haspel clamoroso fu il caso di Abu Zubaydah, rapito in Pakistan a 31 anni da un raid di agenti americani che lo accolsero con un proiettile alla coscia, uno allo stomaco e uno ai testicoli. Sopravvissuto al blitz, era stato trasportato nel “black site” controllato dalla Haspel, dove rinchiuso per giorni in una cella di quattro metri era stato sottoposto a torture inenarrabili: dal soffocamento da waterboarding (83 volte in un mese) al supplizio di luci e musica hard-rock accesa 24h/24, dal walling (cioè la contusione del viso sulle pareti) all’uso degli insetti.

Vedendolo ridotto a pezzi dopo dieci settimane di torture, la Haspel, temendo che la vicenda potesse uscire fuori, scriveva in un rapporto segreto: “Dobbiamo avere garanzie ragionevoli che rimanga in isolamento e senza poter comunicare per il resto della sua vita”. Da quel 2002 sia Zubaydah sia la Haspel hanno ricevuto una promozione. Il primo, che pure nel 2009 è stato riconosciuto innocente per la maggior parte delle accuse di terrorismo dal Dipartimento di Giustizia, si trova ancora oggi, dopo aver perso un occhio, nella ben più celebre prigione di Guantánamo a Cuba. La Haspel, dopo essere stata promossa a capo delle operazioni del centro antiterrorismo della Cia e aver fatto scomparire tutti le 92 video-registrazioni delle torture in Thailandia, è di recente divenuta la nuova vice-direttrice dell’agenzia di intelligence.

Più volte il Procuratore federale tedesco ha rifiutato di denunciare agenti a stelle e strisce, che fosse l’ex-Segretario della Difesa Rumsfeld per le torture nella prigione irachena di Abu Grahib o agenti della National Security Agency che avevano origliato il cellulare di Angela Merkel. Questo caso potrebbe però essere diverso: per la prima volta una denuncia penale viene sporta contro un agente ancora in servizio nella Cia, e peraltro con una super-poltrona.

Certo, si tratta pur sempre di una denuncia presentata dall’Ehccr, un centro no-profit per i diritti umani, a un procuratore tedesco, dall’altra parte dell’Atlantico. Ma il Codice contro i crimini di diritto internazionale, divenuto legge in Germania nel 2002, permette ai procuratori teutonici di processare criminali internazionali a prescindere da dove si trovino o abbiano commesso il crimine. Non c’è il rischio che agenti tedeschi vadano a prelevare la Haspel nel suo super-ufficio nel quartiere generale della Cia. Ma gli attivisti per i diritti umani sperano nella portata simbolica del gesto. Se il procuratore, davanti alla mole di prove allegata alla denuncia sulle torture della Haspel in Thailandia, aprirà un’indagine o diffonderà un mandato d’arresto, non solo impedirebbe alla n.2 della Cia di ripassare per Berlino (e fin qui poco importa), ma lancerebbe un invito agli altri Stati a fare altrettanto. E un monito per gli agenti della Cia che calpestano i diritti umani: come a dire, se passate da queste parti dovrete rispondere di quel che avete fatto.

Per anni la Haspel si è mossa nell’ombra: chi cercasse sue foto o video sul web perderebbe tempo. Ma con il nuovo ruolo affidatole dal n. 1 della Cia Pompeo, una eventuale denuncia del Procuratore federale tedesco potrebbe gettare benzina sulle antiche polemiche che già erano deflagrate con la sua nomina a febbraio ponendola sotto i riflettori pubblici, si legge sulla stampa tedesca. Non sarà però qualche scheletro (in senso letterale) nell’armadio a scalfire la sua carriera, sotto una presidenza che vede a capo dell’agenzia di intelligence un uomo che nel 2014 ha chiamato gli agenti che usano il waterboarding “dei patrioti”, e alla Casa Bianca un presidente che in campagna elettorale ha definito la tortura contro i terroristi come “efficace”.

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