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La Repubblica della Catalogna finisce ancor prima di cominciare. E finisce non all’ombra di Madrid, che ha chiesto l’incriminazione del destituito presidente Puigdemont, di quattordici esponenti del suo governo e di sei parlamentari per ribellione, sedizione e malversazione, ma al cospetto di Bruxelles. Qui, infatti, nel cuore politico della tanto invocata Europa da parte dei secessionisti, si sono rifugiati a sorpresa alcuni di loro, a cominciare dal leader catalano. Secondo la stampa spagnola, vorrebbero chiedere asilo politico al Belgio, perché l’aver proclamato unilateralmente l’indipendenza, nonostante i ripetuti moniti istituzionali a non agire “in disprezzo della Costituzione”, è un grave delitto che potrebbe comportare l’arresto dei capi indipendentisti.

Ma la fuga di Puigdemont e dei suoi a Bruxelles non è soltanto un quasi comico colpo di scena, dato che la democratica ed europeista Spagna non è certo in balìa di alcun dittatore. E poi nella ricca Catalogna, regione a statuto specialissimo, non regna alcun pericolo di discriminazione né di oppressione per la cultura, l’economia e la lingua catalane, di gran lunga preponderanti su tutto ciò che è “spagnolo”. L’improvvisa sparizione dei secessionisti da Barcellona, dopo che con atti e proclami avevano incendiato gli animi e le istituzioni inducendo la magistratura a intervenire per ripristinare la legalità tanto platealmente violata, si conclude proprio nella capitale di quell’Unione europea che l’ha ripetuto in tutte le lingue e latitudini: mai riconosceremo una nazione catalana.

Intanto, assecondate dalla stampa, dai giuristi e, soprattutto, dai solidali governi europei, le autorità di Madrid hanno imboccato la via del diritto. Che non è quella, inaccettabile, di usare la polizia contro gli inermi, come accadde il giorno del referendum illegale, bensì di far valere la forza della democrazia. Mandando a casa l’inadempiente governo catalano e indicendo subito nuove elezioni, mentre un milione di unionisti sfilavano a Barcellona. E, all’opposto, i tifosi del Girona gongolavano allo stadio per aver battuto il Real Madrid.

Ma la vera partita è ora nel campo dei magistrati, come si conviene nell’Europa della condivisione quando si attenta all’unità nazionale, che è un bene prezioso e un principio fondante tutelato da tutte le Costituzioni di tutte le Repubbliche.

(Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)

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