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Lo strascico che il primo viaggio internazionale di Donald Trump s’è portato dietro è stato segnato dalla lite con la Germania. Sebbene il problema per gli Stati Uniti non è Berlino in sé, ma cosa rappresenta. Trump contesta il disavanzo commerciale tedesco, e lo attacca in maniera interessata: ci sono decine di miliardi di dollari che pendono sulla bilancia a sfavore delle esportazioni americane.

La Germania esporta in America molto molto di più di quello che importa, e questo indebolisce l’economia USA, mentre ovviamente quella tedesca si rafforza. Ma non Berlino in sé, s’è appena detto: la situazione vale anche per l’Italia per esempio, e così diventa chiaro che quando Trump chiama “cattivi” i tedeschi, si riferisce a tutti quelli che hanno nei confronti degli Stati Uniti pratiche commerciali del genere (principale target: la Cina, con cui la bilancia pende per cinque volte il peso tedesco).

Dietro a un pezzo adesso molto discusso in cui il New York Times racconta l’espansione dell’influenza russa in Italia, c’è un punto di partenza: Mosca riempie uno spazio che gli Stati Uniti di Trump hanno lasciato vuoto. Perché lo hanno la sciato vuoto? Sullo sbilanciamento sta uno dei punti principali.

Tanto più se quegli stessi paesi sono alleati, amici, membri della Nato, e non si impegnano sufficientemente per adempiere ai propri doveri. Nel caso, il rispetto del 2 per cento del Pil da destinare alle spese militari deciso al summit gallese del 2014. Soprattutto a fronte degli investimenti americani, che nel settore sono più o meno il doppio, e significano accollarsi anche le spese altrui per sostenere l’alleanza.

Che la volontà, la vision, di Trump fosse quella di riequilibrare questi sbilanciamenti, su queste colonne si scrive da tempo. Ma questo significa che gli Stati Uniti non riescono, o non vogliono, più sobbarcarsi l’onore di guida del mondo occidentale? Probabilmente no, il ruolo americano nel mondo sarà sempre quello di traino, ma Washington da tempo vuole che i partner più importanti aiutino in questo compito. L’idea che Trump voglia completamente ritirarsi dal concetto di ‘impero’ per chiudersi in quello di ‘nazione’ è molto spinta da una porzione di pensatori, ma forse prematura.

Non c’è superficialità o egoismo nel disegno strategico americano, e Trump s’è messo semplicemente in un solco piuttosto chiaro e dettato da anni. Non si vincono le elezioni col voto, soltanto, degli operai del Michigan – che pure sono su questa linea –, ma serve che una parte di classe dirigente ci sia, ti dia supporto: quella che sta con Trump è aperta a questo riequilibrio interessato, ma l’altra che è contro di lui non è necessariamente così distante dall’argomento.

Basta ricordare che quasi un anno fa esatto, alla fine dell’amministrazione considerata globalista di Barack Obama, fu lo stesso presidente a definire “free riders” gli alleati europei. Free riders se si legge nel modo più diretto possibile significa “scrocconi”. Fu un commento pseudo-confidenziale fatto a Jeffrey Goldberg dell’Atlantic, che firmò una delle più belle interviste a Obama, una di quelle che hanno spiegato la legacy del presidente democratico – ma è possibile che il più grande oratore e comunicatore della storia dell’umanità sia stato così superficiale dal lasciarsi sfuggire un commento velenoso e cruciale con un giornalista, senza prevedere che poi sarebbe stato argomento di discussione? (No, of course).

Obama, che veniva da un G7 in cui aveva chiesto ai paesi alleati di fare di più, anche in chiave Nato, parlava esattamente della necessità di riequilibrare l’impegno americano nel mondo. Il senso era, ed è adesso con Trump, più o meno lo stesso: noi ci siamo, ci saremo sempre, ma dateci una mano, fate la vostra parte, non fate gli scrocconi. DT ha soltanto un modo molto meno elegante, polite, comunicativo, accattivante, in una parola inglese cool, di esprimere il concetto: è scomposto, sgraziato, imbarazzato, spesso inappropriato e malamente aggressivo, insicuro, questioni umane, ma la sua azione di governo globale sembra seguire una strategia che non è nuova in modo stupefacente.

Ricordarsi del "free riders" di Obama per capire un po' la politica globale di Trump

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