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Le prime proiezioni delle elezioni amministrative tenute ieri parlano chiaro: il Movimento 5 stelle è sotto al 10 per cento a Parma, L’Aquila e Catanzaro. A cavallo del 20 per cento, ma lontano dai ballottaggi, a Genova e Palermo. Questi pochi numeri hanno già innescato dibattiti e polemiche tra gli esponenti nazionali del Movimento fondato da Beppe Grillo, piuttosto nervosetto negli ultimi giorni.

Nel mirino dei pour parler fra dirigenti nazionali dei Pentastellati c’è il responsabile del dipartimento Enti locali del Movimento, ovvero Luigi Di Maio, candidato premier in pectore dei Grillini. Ma con tutta probabilità le responsabilità di Di Maio non sono maggiori rispetto a quelle di altri esponenti nazionali del Movimento.

Le vicende di Parma – con l’ex grillino Pizzarotti silurato dal Movimento ancora senza un reale perché – e quella di Genova – con l’esito della rete rottamato per decisione ancora poco chiara da parte del garante Grillo – sono emblematiche di una gestione personalistica del Movimento che non è più compatibile con una dinamica democratica interna e locale dei Pentastellati.

Chi è causa del suo mal pianga se stesso, si può dire. Ma l’esclusione dai ballottaggi indica anche una caratteristica ben nota ai Grillini: se il Movimento va in beata solitudine alle amministrative, ostentando l’autosufficienza, poi non può lamentarsi se il potere di coalizione degli altri partiti, in primis Pd e Forza Italia, faccia premio rispetto alle liste uniche al voto come sceglie il Movimento 5 Stelle.

Un punto di forza, secondo Beppe Grillo, che sul blog ha vantato comunque i risultati che secondo lui sono confortanti, tanto da parla di “crescita lenta ma inesorabile del Movimento”: “In molte città – scrive il fondatore di M5S – come a Palermo, siamo la prima lista, abbiamo confermato Roberto Castiglion sindaco di Sarego, facciamo gli auguri al neosindaco di Parzanica e ce la giochiamo al ballottaggio in una decina di comuni, tra cui Carrara. Rispetto al 2012 abbiamo triplicato i ballottaggi (furono solo tre all’epoca) e siamo cresciuti in tutte le città in cui ci siamo presentati”.

Ma se i Pentastellati in verità non possono esultare troppo, le esultanze di centrosinistra e centrodestra appaiono eccessive. Quello che avviene in periferia e in singole città – ossia coalizioni composite centrate su Pd e Forza Italia – non sono troppo riproponibili a livello nazionale. Specie con sistemi elettorali sostanzialmente proporzionali.

In questa prospettiva, le sintonie in periferia fra Pd e il partito di Bersani e D’Alema scoloriscono ben presto a livello parlamentare e in uno scenario nazionale. Così come le euforie per un centrodestra baldanzoso alle amministrative celano spaccature non secondarie fra il baricentro moderato (Forza Italia) e le ali (Lega a Fratelli d’Italia).

Tanto che Silvio Berlusconi più che eccitarsi troppo per i dati delle amministrative, è affascinato dal movimento En Marche! allestito da Macron e vincente ieri pure al primo turno delle legislative in Francia.

Beppe Grillo

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