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L’alternanza scuola-lavoro è forse una delle novità più rilevanti introdotte dalla cosiddetta “Buona scuola”, la legge 105 promossa dal Governo Renzi nel 2015. La legge prescrive l’obbligo e il diritto degli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori di prestare attività lavorativa in aziende ed enti pubblici e privati. L’obiettivo, si legge nel sito del Miur, è favorire “l’apertura della scuola al territorio”, per combattere la disoccupazione e promuovere la crescita degli studenti e delle imprese. Ecco che sta succedendo davvero fra numeri, tendenze e alcuni rilievi che arrivano dagli addetti ai lavori.

COSA PREVEDE L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

Ciascuno studente degli istituti tecnici e professionali deve svolgere, nel corso del triennio, 400 ore nelle aziende o enti partner, che diventano 200 per chi frequenta il liceo. La riforma coinvolge già i giovani dei terza e quarta, e a partire dal prossimo anno scolastico, il 2017-18, entrerà a regime anche per i ragazzi delle quinte.

In realtà un meccanismo simile di inserimento nel mondo del lavoro è in vigore già da anni, da quando sono stati istituiti gli stage e i tirocini. La differenza sostanziale è che l’alternanza scuola-lavoro è diventata un obbligo a cui le scuole e gli studenti stessi devono ottemperare. Ma non va confusa con l’apprendistato. Mentre quest’ultimo si configura come un rapporto di lavoro a tutti gli effetti, l’alternanza è classificata come progetto formativo. Per esempio, non prevede l’obbligo di retribuzione. Inoltre il ragazzo inserito in azienda, giuridicamente, resta uno studente e non è assimilabile a un dipendente. Sono previsti due tipi di tutor, quello scolastico e quello aziendale. Il primo è incaricato di preparare lo studente per l’attività e può essere retribuito dalla scuola come per una normale attività prestata fuori dal proprio orario di servizio. Il secondo è un dipendente dell’impresa o dell’ente ospitante, per cui non è prevista retribuzione extra.

A CHI SI RIVOLGE?

I soggetti coinvolti sono tre: gli studenti, le scuole, e le aziende o gli enti ospitanti. Di questi ultimi fanno parte le imprese iscritte nella sezione ordinaria del Registro delle Imprese, gli enti pubblici iscritti all’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA), gli enti privati, come associazioni, dotati di un codice fiscale registrato presso l’anagrafe tributaria dell’Agenzia delle Entrate, e i professionisti appartenenti agli ordini e ai collegi professionali iscritti nell’INI-PEC.

IL REGISTRO NAZIONALE

In teoria, studenti, scuole e aziende possono autonomamente mettersi in relazione al fine di avviare i percorsi formativi, ma per agevolare la comunicazione, a settembre 2016 è stato messo on line il Registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro realizzato da Infocamere, braccio tecnologico delle camere di commercio italiane. Si tratta di un portale in cui le aziende possono registrarsi (non c’è alcun obbligo), inserire i loro dati e i profili professionali richiesti. È liberamente consultabile da tutti, quindi gli studenti possono cercarsi un’azienda sulla base delle proprie esigenze e poi, tramite la scuola, organizzare l’alternanza. Un lavoro che può essere svolto anche dalla scuola stessa, che deve stipulare una convenzione che regolamenti l’attività. Il Registro contiene anche una sezione dedicata ai contratti di apprendistato. Il Miur ha inoltre pubblicato un elenco di FAQ relative all’alternanza, rivolte a tutti i soggetti coinvolti.

FRA RILIEVI E PERPLESSITÀ

Alcuni addetti ai lavori notano che da un lato il governo ha dato vita al Registro nazionale e ha dato mandato a Unioncamere di curarlo, ma la mancanza dell’obbligo da parte delle aziende di registrati sta anche provocando rapporti fai-da-te fra istituti e imprese, penalizzando in particolare quelle scuole che non hanno relazioni consolidate con il mondo delle aziende e che dunque non trovano nel Registro tutta la effettiva pluralità dell’offerta con cui venire a contatto.

I DATI

A novembre il Miur ha diffuso i dati del monitoraggio relativi al primo anno, il 2015, quando gli unici studenti interessati erano quelli delle terze. Sono 455.062 su 502.223, il 90,6% del totale, i ragazzi coinvolti. A livello nazionale l’87% delle scuole, fra statali e paritarie, ha avviato percorsi di alternanza. In cima alla classifica dei virtuosi, svetta il Molise (97,8%), poi a scalare Umbria ed Emilia Romagna. Maglia nera per la Campania (73,6%). Sono invece 151.200 le strutture ospitanti.

Guarda il video sul registro

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