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I dati sui bilanci consuntivi della Santa Sede e dello Stato Vaticano sul 2015 sono arrivati con mesi di ritardo rispetto al consueto appuntamento di metà estate. E affidati ad una nota più scarna delle già asciutte comunicazioni in materia. Poche righe, avare di numeri e notizie. Tutte tese, piuttosto, a rimarcare il processo di rinnovamento finanziario in corso: “Il rendiconto annuale rappresenta un passo importante sia per le riforme economiche che per il percorso di adozione delle nuove politiche, le quali stanno ben procedendo”. Intanto i bilanci preparati dalla Segreteria per l’economia non sono stati approvati né dal Consiglio dell’economia né dal Papa, che si è limitato a prenderne atto. Né sono stati sottoposti a revisione contabile, visto il momento di transizione.

ROSSO MA NON TROPPO

Il rendiconto fotografa la situazione economica della Santa Sede – che registra conti in rosso – e del Governatorato (lo Stato Vaticano in senso stretto) che conferma un rilevante attivo. La doppia cassa di Pietro è in buona salute grazie a quest’ultimo, da cui dipendono emissioni filateliche e numismatiche richiestissime dai collezionisti di tutto il mondo, e soprattutto per le attività dei Musei vaticani. Tra i più visitati. Nel complesso portano in dote un surplus di 59,9 milioni di euro. La Santa Sede invece è ancora in rosso: segno meno di 12,4 milioni. Deficit comunque più che dimezzato rispetto al 2014, quando il meno segnava 25,6 milioni. Il comunicato ufficiale chiarisce solo le principali voci di entrata. Si dà conto di “rendimenti degli investimenti”, ma senza precisarne l’entità; poi dei contribuiti dalle diocesi (24 milioni di euro) e di un sostanzioso assegno staccato dallo Ior per 50 milioni. Tra le spese, si evidenzia, come negli anni precedenti, come il capitolo più significativo sia il costo del personale. Ma, a differenza degli anni precedenti, non si riporta il numero degli addetti.

DUE BILANCI IN PARALLELO

Il processo di riforma finanziaria del Vaticano non consente un confronto preciso con gli anni precedenti, dal momento che il consolidato 2015 rappresenta la prima informativa predisposta in conformità con le politiche di Financial Management (Vfmp), approvate da Papa Francesco il 24 ottobre 2014, che si basano sui Principi contabili internazionali per il settore pubblico (Ipsas). Quindi sono modi diversi di compilare il bilancio. A memoria si può comunque ricordare qualche dato. Nel 2011 la Santa Sede registrava un deficit di 14, 890 milioni. Nel 2012 un attivo di 2 milioni. Poi il crollo: meno 24 milioni (2013) e meno 25,6 milioni (2014). Oggi la risalita, con quel meno 12,4. Come sempre, decisamente sorridente la cassa del Governatorato. Più 21,8 milioni nel 2011, più 23 nel 2012, più 33 nel 2013, più 63 nel 2014. Oggi, surplus di 59,9.

IL CONTRIBUTO DELLO IOR

Il contributo dello Ior alle finanze della Santa Sede salva il bilancio da sprofondamenti eccessivi. Ma è un consistente attivo della banca vaticana che suscita perplessità. Osserva Luigino Bruni, docente di Economia politica alla Lumsa, ai microfoni del Gr3: “Lo Ior è una banca piccola, che vive essenzialmente coi conti correnti e le operazioni delle diocesi e degli ordini religiosi. Che abbia 50 milioni in un anno di profitti non è un buon segnale. Da dove nascono questi profitti? Con tutto il magistero di Papa Francesco, la sua attenzione all’economia che uccide, lo Ior dovrebbe dare segnali molto più forti, per trasformarsi sempre di più in una banca etica”. Intanto salva la barca di Pietro. Con un contributo in linea con gli ultimi anni. Lo Ior aveva dato 50 milioni nel 2014, e così nel 2013. In verità, nel 2013 si informava di un contributo di 54 milioni complessivi: 50 erano andati direttamente al consolidato della Santa Sede, 4 per altre elargizioni. Di che tipo? Nel 2012 si faceva riferimento esplicito a elargizioni in sostegno ai monasteri di clausura e alle missioni. Oggi questi riferimenti mancano. O almeno non sono stati comunicati. Il vaticanista Francesco Peloso ipotizzava in febbraio che la nuova gestione degli organismi economici della Santa Sede “in linea con le politiche di trasparenza”, avrebbe interrotto la consuetudine dell’intervento dello Ior per ripianare il deficit di bilancio. Una prassi che “comportava dei rischi finanziari, oltre ad essere irregolare dal punto di vista contabile e istituzionale”. In effetti era quanto ci si aspettava come frutto delle riforme. Così non è successo.

FASE DI TRANSIZIONE

I bilanci vaticani dell’anno precedente normalmente vengono comunicati in luglio. Quest’anno si è rimandato di mese in mese, fino al marzo successivo. Le ragioni sono da cercare nella creazione dei nuovi organismi finanziari che hanno visto la luce nel 2014. Insomma: è una fase di transizione, che ha archiviato in un guscio vuoto la “vecchia” Prefettura degli affari economici e dato vita alla Segreteria per l’economia diretta dal cardinale George Pell e al Consiglio per l’economia, con ruoli di vigilanza, capitanato dal tedesco Reinhard Marx. Spetta a Pell il compito di redigere i bilanci, raccogliendo i dati dai vari dicasteri e uffici. Per il consolidato 2015 ci si attendava un bilancio trasparente e con voci chiare. Non se lo aspettavano solo cronisti e fedeli. Nel 2015, presentando i dati di bilancio dell’anno precedente, era stato l’allora portavoce vaticano, Federico Lombardi, ad alimentare l’attesa: “Penso che in futuro la pubblicazione dei bilanci sarà più dettagliata”. Aspettativa per il momento disattesa.

SILENZIO SUL MILIARDO EXTRA

Nel sintetico comunicato ufficiale diramato sabato scorso, nulla viene detto del tesoretto di oltre un miliardo di euro rivelato dallo stesso Pell nel 2014. Fondi extra bilancio emersi grazie al lavoro di screening condotto dalla Segreteria per l’economia sui libri contabili delle varie strutture vaticane. Non fondi neri. Semplicemente, denari non comunicati.

FISSATO IL BUDGET

Si annuncia, invece, un importante passo avanti nei criteri di predisposizione del budget. Per la prima volta, il budget per il 2017 è stato presentato al Consiglio per l’economia prima dell’inizio dell’anno solare. Questo – sottolinea la Segreteria per l’economia – “permetterà un ulteriore controllo sulla verifica delle spese, attraverso il monitoraggio continuo dei risultati rispetto ai piani finanziari approvati”.

TRASPARENZA E RESISTENZE

Esattamente un anno fa, come oggi, il Papa è ad Ariccia insieme ai collaboratori più stretti della Curia romana, per gli annuali esercizi spirituali di Quaresima. Tra le meditazioni di allora, proposte da padre Ermes Ronchi, c’era stato spazio per un richiamo forte: “La Chiesa non deve avere paura della trasparenza, nessuna paura della chiarezza sui suoi ‘pani’ e i suoi ‘pesci’, sui suoi beni”. È la linea portata avanti da Pell che nel 2015 al Sole 24 Ore commentava: “Il lavoro di cambio nelle finanze vaticane verso la trasparenza e l’adozione di standard internazionali è irreversibile: incontra ancora dei piccoli centri di resistenza ma la grande maggioranza delle persone che lavorano in questo campo sono d’accordo”.

Ecco come lo Ior soccorre le finanze della Santa Sede

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