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Lunedì il ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano è volato in visita in Russia. Se non fosse che l’appuntamento era stato già concordato dalla stretta calendarizzazione degli impegni di un diplomatico, si potrebbe dire che difficilmente il governo italiano avrebbe potuto trovare una data più imbarazzante per il bilaterale. Il giorno precedente, infatti, la polizia del Cremlino si era resa protagonista di una repressione a suon di arresti di centinaia di persone che manifestavano pacificamente – ma senza autorizzazione, e qui sta la legalità nei fatti per Mosca – contro la corruzione del governo russo (tra questi, arrestato anche il leader dell’opposizione Alexei Navalny). “Nel pieno rispetto della sovranità russa e delle leggi di questo Paese, non posso che riconoscermi nella posizione espressa ufficialmente dall’Ue e ribadire la nostra fede nei principi di libera manifestazione del pensiero”, ha detto Alfano durante la conferenza stampa congiunta con l’omologo Sergei Lavrov, riferendosi alle preoccupazioni espresse da Lady Pesc, Federica Mogherini, per le violazioni di diritti d’espressione.

Quella del capo della diplomazia è stata la prima di un round di visite che proseguirà con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che sarà a Mosca in aprile, e il premier Paolo Gentiloni a maggio (appena dopo il primo incontro a Washington con Donald Trump). L’Italia, ha detto Alfano, crede che la Russia sia “un partner affidabilissimo nell’approvvigionamento energetico e nella lotta al terrorismo”. Di più: a gennaio 2017 le esportazioni italiane hanno fatto segnare un balzo del 13,3% su base annua, trainate dall’export extra-Europa, e tra i paesi interessati, il picco maggiore si è registrato con il +39,4% verso la Russia, nonostante le sanzioni.

Da qui uno dei temi al centro dell’incontro: la Libia, dove questioni energetiche e terrorismo si incastrano. Il paese nordafricano soffre ancora le divisioni interne vecchi di almeno tre anni (ma in realtà sono più o meno il doppio), e questo nonostante l’insediamento di un wannabe-premier, Fayez Serraj, scelto dall’Onu per guidare la riunificazione libica. L’Italia è il principale sponsor del programma onusiano, e sta cercando di giocare la propria influenza sulla Libia – oggi, martedì 28 marzo, a Roma è stato firmato un accordo di pace tra le tribù (Tebu, Tuareg, Awlad Sulaiman), che si contendevano interessi e territori al sud della Libia. Invece negli ultimi mesi la Russia s’è manifestata palesemente alle spalle della principale opposizione a Serraj, quella che ha base nell’est del paese ed è guidata da un generale-politico, Khalifa Haftar, sponsorizzato da Egitto ed Emirati Arabi. Due posizioni che quanto meno in apparenza sembrano contrastanti. “Bisogna favorire un dialogo inclusivo – ha detto Lavrov – e smettere di scommettere su una forza sola, su Tripoli a scapito di Tobruk o viceversa. Quando anche l’Occidente lo capirà, si avrà qualche risultato”. Anche l’Italia “vuole un ruolo per Haftar, ma dentro al governo Serraj sotto l’egida Onu” ha spiegato Alfano, rendendo meno evidente la distanza tra le due posizioni.

Venerdì scorso, durante una conferenza stampa, il generale Thomas Waldhauser, capo di Africom (comando del Pentagono che gestisce le operazioni in Africa), ha confermato ai giornalisti le rivelazioni di uno scoop della Reuters di due settimane fa: ci sono soldati russi, probabilmente uomini dei reparti speciali, in Egitto, vicino al confine con la Libia. “Sono a terra, stanno cercando di influenzare la situazione, guardiamo quello che fanno con grande preoccupazione e si sa, oltre alla parte militare abbiamo visto, e noto, un po’ di attività recenti in iniziative imprenditoriali” ha detto il generale americano. La Russia ha chiuso con la compagnia petrolifera libica un accordo sul petrolio qualche settimana fa, probabilmente sono queste le “iniziative imprenditoriali” a cui si riferisce Waldhauser. Con una nota: quello che fa Mosca è esattamente identico a quello che fanno e hanno fatto americani, inglesi, francesi e italiani, solo che i russi stanno sull’altra sponda con un “collegamento innegabile con Haftar”, dice il generale, mentre gli occidentali sostengono Serraj. Altra nota: la Russia è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ossia dell’organo operativo che sostiene anche il programma dell’Onu in Libia, di cui l’Italia da quest’anno è membro temporaneo.

(Foto: Twitter, @angealfa)

La Libia tra i punti principali dell'incontro Alfano-Lavrov

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