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Una mia giovane amica parigina, frastornata dagli scandali che stanno segnando la campagna elettorale per le presidenziali in Francia, mi chiede come è potuto accadere che la corruzione politica si sia diffusa come un’epidemia nel suo Paese. Probabilmente (ma non lo dice per riguardo) ritiene che in quanto italiano, per di più giornalista ed ex politico, possa fornirle qualche spiegazione dal momento che da noi non ci siamo fatti mancare nulla da decenni su questo versante. Cerco di metterla su un piano generale riferendomi alla mediocrità delle classi dirigenti, alla fine dei partiti ideologici, agli strumenti non ortodossi che vengono utilizzati per primeggiare, ai costi della politica stessa che sono sempre più esorbitanti. Una tiritera che non convince neppure me.

Davanti ho la copia fresca di stampa del Canard Enchainé, il giornale satirico (che da qualche tempo satirico non lo è più) che affonda un’altra volta il coltello sul martoriato François Fillon. Questa volta l’accusa è di aver preso cinquantamila dollari per organizzare un incontro tra un miliardario libanese, l’amministratore delegato della Total Patrick Pouyanné ed il presidente russo Vladimir Putin. Una mediazione, insomma, della quale non si conoscono al momento le implicazioni penali, ma sono certe quelle politiche, e non è un bel vedere.

Fillon non si era ancora ripreso dall’appesantimento – se così di può dire – della sua vicenda giudiziaria che va sotto il nome di “Penelopegate”: la procura di Parigi gli ha notificato, infatti, nuovi capi d’accusa tra cui il falso e la truffa aggravata. Sembra che dai documenti dell’Assemblea nazionale sia emerso che il candidato dei Républicains abbia prodotto dei falsi per giustificare gli stipendi elargiti alla moglie che non ha mai lavorato un giorno come sua collaboratrice parlamentare. Una posizione insostenibile che fa dire a molti sostenitori gollisti che l’ex primo ministro avrebbe fatto bene ad abbandonare la corsa all’Eliseo quando lo scandalo è venuto fuori.

Neppure i socialisti sono immuni da questa “malattia” di stagione divampata a ridosso delle presidenziali. Il ministro dell’Interno di Hollande, Bruno Le Roux, già capogruppo dei deputati, si è dimesso per aver assunto le due figlie minorenni, di quindici e sedici anni, come assistenti parlamentari. La notizia è di quelle che lasciano senza parole: due ragazzine a libro paga del padre, presumibilmente senza nessuna esperienza oltretutto in un contesto delicato qual è quello politico. “Non c’è più “religione” in Francia?”, mi chiede la mia amica che mi ha risparmiato domande sulle beghe finanziarie europarlamentari che si sono addensate sul Front national (Marine Le Pen ha detto che chiarirà tutto davanti al magistrato dopo le elezioni) e le illazioni sui legami con istituti bancari russi che avrebbero soccorso il partito che in patria non trova fonti di sostentamento.

La lista degli episodi di malaffare è comunque lunga. Coinvolge il centro e la periferia. Si potrebbe partire da Nicolas Sarkozy, tanto per allontanarci troppo, ma non ne vale la pena: la corruzione è una pianta rigogliosa che cresce e prospera in quasi tutte le democrazie occidentali.

La Francia andrà a votare per la prima volta nella storia della Quinta Repubblica schiacciata da pesi che ne fanno una nazione frastornata, attraversata da inquietudini crescenti, da incertezze che sembrano irrisolvibili. I temi politici sono ben presenti a tutti, ma se ci si deve affidare ad un leader nato pochi mesi fa come Emmanuel Macron, mi fanno notare vecchi amici gollisti, vuol dire che la Francia è al capolinea. Non ci si rassegna alla fine della vecchia politica anche perché quella nuova è gravata da ombre sinistre. Le avventure degli epigoni di De Gaulle e di Mitterrand accendono nostalgie ed alimentano i rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato.

le pen, Francia

Che cosa si mormora in Francia sui nuovi scandali e scandaletti

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