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Con l’approvazione in Senato del ddl sul lavoro autonomo l’Italia si è dotata finalmente di una normativa che punta a regolamentare anche lo smart working.

Il ddl promuove il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti. Ai lavoratori “da remoto”, viene riconosciuto, tra le altre cose, lo stesso trattamento economico per il lavoro offerto alla postazione di lavoro in azienda e il diritto alla disconnessione, cioè la possibilità di staccare la spina al di fuori dell’orario di lavoro. Inoltre, il regolamento è applicabile senza distinzione ai lavoratori di aziende private e della Pubblica Amministrazione.

Da oggi, dunque, la prestazione lavorativa potrà essere eseguita in parte all’esterno, nelle modalità concordate con l’azienda o l’ente di riferimento e secondo le disposizioni del contratto collettivo, rispettando lo stesso orario di lavoro giornaliero-settimanale svolto presso la sede aziendale.

L’obiettivo del governo, più volte sollecitato ad approvare una norma in bilico ormai da oltre un anno, è quello di incrementare la produttività dei lavoratori italiani, agevolando la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. I lavoratori delle grandi città, infatti, perdono anche 2 ore al giorno nel tragitto casa-lavoro, ore preziose sottratte alla vita privata. L’approvazione del Ddl sullo smart working, dunque, segna una svolta importante per il mondo del lavoro: con la nuova legge, infatti, i dipendenti potranno guadagnare fino a un giorno libero in più a settimana. Questo è particolarmente importante per le donne, che potranno così conciliare concretamente vita professionale e familiare. Alle donne, molto spesso, viene chiesto di scegliere tra la carriera e la famiglia, come se l’una escludesse per forza l’altra. La legge sullo smart working dice no a questa logica e apre nuovi orizzonti. Per la mia azienda, formata al 70% da quote rosa, quella di oggi è quindi una data storica.

Inoltre, dati alla mano, lo smart working aumenta la produttività dei dipendenti (dal 15 al 20%), riduce drasticamente l’assenteismo e migliora il clima aziendale. È questo il motivo per cui diverse aziende, tra Grandi imprese e PMI, hanno scelto di adottare politiche di smart working anche senza una normativa di riferimento. Già oggi, un terzo delle grandi imprese utilizza lo smart working, ma domani questi numeri potrebbero raddoppiare.

Quelli dell’Osservatorio Smart Working del Polimi sono numeri confermati anche dai lavoratori della nostra start up di Napoli, dove l’anno scorso abbiamo avviato un progetto di smart working. L’esperienza è stata così positiva che abbiamo deciso di estendere questa possibilità anche ad alcuni team di lavoro della nostra sede di Roma.

Insomma, oggi è una data storica per tutti quei lavoratori italiani che attendevano una risposta legislativa all’evoluzione di un Mercato variegato – quello del Lavoro – che ha mostrato diversi cambiamenti negli ultimi anni, soprattutto in termini di rivalutazione dei ritmi di lavoro in favore di una maggiore produttività.

Smart working: l’Italia ha finalmente una legge

Con l’approvazione in Senato del ddl sul lavoro autonomo l’Italia si è dotata finalmente di una normativa che punta a regolamentare anche lo smart working. Il ddl promuove il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti. Ai lavoratori “da remoto”, viene riconosciuto, tra le altre cose, lo stesso trattamento economico…

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