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Gli stessi ministri (tranne uno), gli stessi sottosegretari e adesso anche l’aperta rivendicazione di lavorare in piena continuità con il governo di Matteo Renzi. Nella conferenza stampa di fine anno – in cui tradizionalmente si traccia il bilancio delle cose fatte ma che in questo caso, per forza di cose, è servita soprattutto a conoscere le priorità d’intervento del nuovo governo – Paolo Gentiloni ha innanzitutto sottolineato l’eredità lasciatagli dal suo predecessore. Il neo premier ha così invitato a valutare i risultati raggiunti dal precedente esecutivo, di cui lui stesso ha fatto parte in qualità di ministro degli Esteri: “Cancellarli o relegarli nell’oblio sarebbe un errore“.

LA MAGGIORANZA DI GOVERNO

Una considerazione di ordine teorico dalla quale è derivata, quasi inevitabilmente, una conseguenza di carattere pratico: la conferma in blocco – salvo qualche caso isolato e alcuni spostamenti – della squadra che aveva accompagnato Renzi nei suoi oltre mille giorni a Palazzo Chigi. “La decisione” – ha spiegato Gentiloni – “è stata quella di confermare il perimetro della maggioranza che fin qui ha sostenuto il governo e di confermare l’appello a contributi su singoli misure che possano venire da altre forze, a cominciare da Ala“. La formazione politica che fa capo a Denis Verdini rimane, dunque, fuori dalla maggioranza di governo per decisione diretta del presidente del Consiglio, che ha preferito non alterare i già precari equilibri politici di questa fase. Discorso diverso, invece, per il segretario di Scelta Civica – e alleato di Verdini – Enrico Zanetti a cui, nell’ottica della continuità con l’esecutivo Renzi, Gentiloni aveva chiesto di rimanere al ministero dell’Economia e delle Finanze come viceministro. L’offerta, però, è stata rifiutata dallo stesso Zanetti.

I RISULTATI DA NON DIMENTICARE

Tra i risultati raggiunti dal governo Renzi, Gentiloni ha ricordato per prima cosa la questione sicurezza: “Ricordiamoci la discussione che abbiamo avuto alla vigilia del Giubileo: i controlli in piazza San Pietro, l’attenzione internazionale, la rivista di Daesh con la cupola in copertina, gli allarmi che ci sono stati. Certo, la fortuna è fondamentale ma c’è stato anche un grandissimo lavoro degli apparati, delle forze dell’ordine, dello Stato“. Lo stesso discorso – ha osservato ancora – potrebbe però farsi anche per altri campi, in primis l’economia: “È cresciuto il lavoro stabile, abbiamo ridotto le tasse, l’Italia ha più diritti e maggiore ascolto a livello internazionale“.

LA QUESTIONE VOUCHER

Sempre in tema di lavoro, il premier è intervenuto sulle recenti polemiche che si sono sollevate sulla questione dei voucher (qui, qui e qui gli ultimi approfondimenti in materia di Formiche.net). “Non sono il virus che semina il lavoro nero, non hanno il copyright del lavoro nero“, ha affermato Gentiloni, che ha però anche sottolineato la necessità di correggerne gli abusi. Da questo punto di vista il governo agirà “in tempi rapidi“,  ha promesso, pur ribadendo poi che i voucher non vadano trasformati “nella madre di tutti i problemi e di tutti i guai del mercato del lavoro“.  Il presidente ha quindi difeso a spada tratta il Jobs Act (che rappresenta un provvedimento da tenere ben distinto dall’argomento voucher): “E’ una ottima riforma del lavoro. Nel contesto dell’economia italiana e dei suoi livelli di crescita i nostri numeri di lavoro a tempo indeterminato, di riduzione della disoccupazione, vanno nella direzione giusta“.

IL NODO MPS

Ovvio che molte delle domande arrivate al presidente del Consiglio riguardassero il Monte dei Paschi di Siena con il salvataggio da parte dello Stato alle porte e le stilettate arrivate nei giorni scorsi da Francoforte (qui, qui e qui gli ultimi articoli sul tema di Formiche.net). Gentiloni ha spiegato che il governo ha “messo in sicurezza il risparmio con il decreto salva risparmio, la cui attuazione sarà lunga e complicata. Però una decisione è stata presa e sarà strategica e fondamentale“. Il premier si è quindi detto “un po’ sorpreso” delle richieste arrivate dalla Banca Centrale Europea e poi ha indicato quale sia in tal senso la sua priorità: “Noi abbiamo fatto il giusto e il necessario. Il fatto che si debbano mettere” più soldi “può essere oggetto di discussione con la Vigilanza europea, ma non mette in alcun modo in discussione la capienza del nostro intervento. Faremo quanto in nostro potere ma l’obiettivo principale è salvaguardare i risparmiatori”.

L’ASSALTO A MEDIASET

L’altro fascicolo economicamente e politicamente più rilevante in questa fase è l’assalto a Mediaset lanciato dai francesi di Vivendi guidata da Vincent Bolloré. Gentiloni – che in passato ha anche ricoperto il ruolo di ministro delle Comunicazioni – ha confermato che il governo è vigile, ma che almeno per il momento non interverrà in modo più incisivo di quanto abbia fatto finora (ammesso e non concesso che possa fare qualcosa di più). “Siamo consapevoli dell’importanza di Mediaset in Italia“, ha rilevato il premier, che poi ha aggiunto: “Non ci sono però golden power da esercitare in questo settore, quindi la posizione del governo è vigile dal punto di vista politico. Il governo non vuole attivare strumenti, esistono strutture e autorità di garanzia che se vorranno potranno sollevare il problema.  Per il governo è un settore molto importante e il fatto che sia oggetto di una scalata non ci lascia indifferente“.

IL TAGLIO DELL”IRPEF (CHE NON SI FARA’)

Tra gli interventi che non si faranno, o meglio, di cui il governo Gentiloni non sarà protagonista – per mancanza di tempo e di soldi – compare il taglio delle tasse, in particolar modo dell’imposta sulle persone fisiche: “Non sono in grado di fare un discorso serio oggi sulla riduzione dell’Irpef. Il governo negli ultimi due o tre anni ha fatto riduzioni fiscali molte serie, quello sarebbe il giusto coronamento. Verifichiamo le condizioni e non diciamo a 15 giorni dal nostro insediamento cose impegnative che potrebbero non essere mantenute“.

LA LEGGE ELETTORALE CHE VERRA’

Il nodo politico per eccellenza è invece rappresentato dalla legge elettorale, a proposito della quale, com’è noto, si attende il prossimo 24 gennaio la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum. Gentiloni ha ribadito quale sia l’atteggiamento di massima che intende seguire sul tema: nessun intervento diretto – come, invece, aveva fatto Renzi – ma un impegno più sfumato con l’obiettivo di favorire una sintesi tra le diverse forze politiche: “Il governo cercherà di dare il suo contributo e cercherà – come si dice in gergo – di facilitare la discussione tra i partiti e in Parlamento. E, aggiungo, sollecitandola, perché la sollecitudine in questa discussione non è correlata alla maggiore o minore durata del governo, è un’esigenza del nostro sistema“.  Il premier ha comunque precisato che non ci sarà “una proposta del governo” a questo riguardo. Da questo punto di vista, però, l’elemento forse più significativo tra quelli emersi nel corso della conferenza stampa è un altro: il fatto che Gentiloni sia apparso in piena sintonia con l’idea di Renzi e di buona parte del Pd (si pensi, ad esempio, alle ultime sortite del presidente del partito Matteo Orfini) di approvare il più speditamente possibile la nuova legge elettorale per poi ridare subito la parola agli elettori. Secondo il premier, infatti, la stabilità è un valore che, però, “non può prendere in ostaggio la democrazia. Il voto non si può vedere come una minaccia“. Quindi – ha chiarito ancora Gentiloni – “il governo lavora finché ha la fiducia del Parlamento“.

LA CRISI IN MEDIO ORIENTE E I RAPPORTI CON GLI USA

Infine la politica estera, con l’attenzione che il presidente del Consiglio italiano ha manifestato per due temi particolarmente caldi in questi giorni. Innanzitutto il Medio Oriente, dopo la risoluzione Onu sugli insediamenti in Cisgiordania e il botta e risposta a distanza di ieri tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il segretario di Stato Usa John Kerry. “L’Italia ritiene che la soluzione dei due Stati – Israele e Palestina, che coesistono in reciproca sicurezza – sia quella da perseguire“, ha affermato prima di aggiungere una considerazione non di poco conto: “Ritiene anche che gli insediamenti non favoriscano la soluzione dei due Stati e, altresì, che una strategia basata sull’idea che l’isolamento diplomatico di Israele sia strumento di pressione per portarlo al tavolo della trattative sia un’illusione“. In secondo luogo il tema sempre strategico dei rapporti con gli Stati Uniti d’America che lo stesso Gentiloni – negli oltre due anni passati alla guida della Farnesina – ha avuto modo di stringere e approfondire: “Ci sono cose che non cambiano. Il rapporto fra Italia e Usa non è cambiato fra l’amministrazione Kennedy e quella Nixon e non è cambiato neppure tra Bush e Obama. Ognuno può avere la propria sensibilità politica ma ci sono dei capisaldi che – per quanto rilevanti possano essere le novità politiche introdotte da Trump che vedremo –  non cambiano“.

Mps, Mediaset, Irpef, Trump, voucher e legge elettorale. Ecco il Gentiloni-pensiero

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