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Un giornale britannico contro la Brexit che accusa l’Italia di essere troppo moscia con gli Stati Uniti di Trump. Possibile? Possibile. Leggere, per credere, il Financial Times odierno. Un segno – chissà – delle gelosie che scorrono in Europa tra l’attuale asse franco-tedesco e Paesi come l’Italia e la Spagna, secondo alcuni osservatori. Ma partiamo dai fatti.

Nel migliore dei casi “messa da parte”, nel peggiore “punita”. È questa la chiusa vagamente minacciosa di un articolo con cui James Politi, corrispondente da Londra del Financial Times, analizza l’approccio soft del governo di Roma al neo presidente americano Donald Trump.

Politi sottolinea che anche durante il vertice di Malta di pochi giorni fa, il premier italiano Paolo Gentiloni ha dimostrato di avere un “approccio soft, pragmatico nei confronti del presidente americano”, che contrasta con “la presa di posizione più robusta della Francia e della Germania”. Gentiloni, dice Politi, sta tenendo “qualsiasi critica al minimo, e poi ha detto che l’Europa ha bisogno di vedere il lato positivo della vittoria di Mr Trump”.

Eppure, ricorda il corrispondente del giornale della City, le linee seguite in queste prime settimane dall’amministrazione Trump sono molto distanti dalle visioni del governo italiano (l’ex premier Matteo Renzi ha apertamente sostenuto la democratica Hillary Clinton). Per esempio Roma è aperta sull’accoglienza al contrario del blocco dell’immigrazione scelto come policy (attualmente sospesa) da Trump. O ancora: il nazionalismo economico potrebbe essere problematico per le esportazioni italiane, come potrebbero essere rischiose le manovre di destabilizzazione dell’euro e dell’Europa promosse da Washington.

Politi esamina anche le ragioni di questo atteggiamento: potrebbe essere legato alla “personalità pacata e diplomatica di Gentiloni”, potrebbe essere sulla linea della politica estera italiana del dopoguerra (“Come paese di medie dimensioni che è economicamente vulnerabile, Roma ha generalmente evitato il conflitto con i poteri più grandi”), potrebbero esserci fattori interni. È nota l’inclinazione di alcuni partiti italiani verso l’uomo forte al potere, che trova declinazione in Trump a ovest e Vladimir Putin a est. Adottare un atteggiamento cauto potrebbe avere anche uno scopo politico-elettorale, dunque, in previsione delle prossime elezioni, anticipate o meno.

Però, secondo il Financial Times, ci sono anche ragioni di interesse e beneficio geopolitico. Per esempio, quando Trump critica la Nato perché troppo concentrata sul fronte orientale contro la Russia invece che contro il terrorismo, Roma ritiene che questa impostazione conduce a un maggiori impegno dell’alleanza nel Mediterraneo; una direzione di marca gradita al governo italiano e alla Farnesina. “Ogni grande patto tra Trump e Putin per portare a una maggiore stabilità nel Sahel e in Afghanistan sarebbe probabilmente visto con sollievo a Roma” e – aggiunge Politi – l’abolizione rapida delle sanzioni contro Mosca “sarebbe un bonus”. Così come le posture arcigne adottate dal capo dell’Ufficio Commercio della Casa Bianca contro la politica economico-monetaria della Germania ricalcano una linea che si inserisce nella strategia seguita dall’ex premier Matteo Renzi nei mesi scorsi (e ricordata in questi giorni con un post su Facebook).

Il giudizio finale però resta sospeso. Questa accoglienza opportunistica dell’Italia secondo il FT potrebbe comportare rischi. Innanzitutto indebolisce la risposta compatta dell’Europa, in un momento che si somma alla Brexit in cui servirebbe maggiore coesione. E contemporaneamente rischia di innervosire gli alleati europei, e con l’UE a doppia velocità in discussione, per l’Italia che ha una crescita timida può non essere vantaggioso.

Oggi Politico ha pubblicato un’indiscrezione: l’amministrazione Trump potrebbe raddoppiare già dalla prossima settimana i dazi doganali su alcuni “iconici prodotti europei” come il formaggio Roquefort e gli scooter Vespa. Cambierà qualcosa nel comportamento italiano?

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