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Un analista di Natixis, Jerome Bodin, ancor prima del blitz di Vincent Bolloré, si è cimentato nell’impresa di immaginare il mondo visto da quest’ultimo nel 2022. Una data non casuale perché allora si celebreranno i due secoli di attività del gruppo fondato dagli antenati del magnate bretone. E quell’anno monsieur Vincent ha giurato (promessa da marinaio, per la verità…) di ritirarsi dal business. Ma solo dopo aver realizzato il suo sogno: diventare il player numero uno nel mondo delle tlc e dei media. L’impresa è difficile ma non irrealizzabile secondo l’analista. Nel report di Bodin (ampiamente citato nel libro “Vincent Bolloré, nuovo re dei media” di Fiorina Capozzi, giornalista con lunga esperienza nelle vicende finanziarie francesi) si legge: “Decisivo sarà il graduale avvicinamento di Vivendi a Telefonica, Orange e Mediaset. E di cui Vivendi manterrà una partecipazione di controllo (superiore al 30% in diritti di voto). Il nostro scenario riposa su diverse scelte strategiche che per il momento non sono d’attualità: la cessione di Universal Music Group, la fusione Telecom Italia/Telefonica, l’acquisizione di Mediaset e l’accordo con lo Stato francese su Orange”.

Tra pochi giorni sapremo se la prima casella italiana della strategia del tycoon, cioè l’acquisto di un partecipazione rilevante in Mediaset, sarà andata al suo posto. Poi occorrerà probabilmente attendere le elezioni francesi per procedere alle nozze tra Telecom Italia e Orange, l’ex Telecom France, come vorrebbe il pdg Stéphane Richard. A quel punto sarà più facile coinvolgere il colosso di Spagna, Telefonica, cui fa senz’altro gola l’alleanza con Mediaset Espana. Insomma, una bella piramide in cima alla quale c’è Bolloré, saldamente al comando di Vivendi grazie all’alleanza con lo Stato francese (entrato nell’azionariato grazie al conferimento di Orange). E sotto un impero che spazia della tv alle tlc, dai videogame alla pubblicità. Andrà così? Non lo sappiamo, anche se il gruppo Bolloré dispone della massa critica e del sostegno finanziario in Italia ed in Francia per tentare l’impresa. Certo, i debiti abbondano ma nel mondo dell’entertainment e dei media si è ormai aperto un nuovo capitolo di crescita che mette in secondo piano le preoccupazioni finanziarie: il blitz di Bolloré è la risposta latina all’offerta di Murdoch per rilevare tutta Sky e all’operazione d’oltre Oceano su Time.

Riuscirà il disegno del finanziere? Presto per dirlo. La storia finanziaria di Bolloré è ricca di operazioni avviate in sordina, all’apparenza amichevoli che nel tempo si trasformate in operazioni aggressive a danno di proprietà indebolite sul piano finanziario, strategico e sottoposte ad un costante fuoco di fila. Per sfuggire all’assedio il gruppo Bouygues fu costretto a rivolgersi al cavaliere bianco François Pinault. Altri hanno alzato bandiera bianca. Solo in pochi casi Bollo si è ritirato (con congrua plusvalenza). A cambiare le carte in tavola potrebbe essere l’ostilità della politica, sia in Italia che altrove. Ma un’ingerenza sembra difficile. C’è la carta della magistratura milanese che, dopo decenni passati a combattere Berlusconi rischia di essere la ciambella di salvataggio del vecchio leone. A meno che la Fininvest non chieda soccorso a Rupert Murdoch, altro vecchio rivale che senz’altro vorrà risparmiare sul prezzo. In ogni caso, comunque vada a finire la partita, gli equilibri sono cambiati. E Mediaset rischia di pagare a caro prezzo il ritardo nella scelta degli alleati. Le aziende italiane, le poche sopra una certa dimensione, non possono permettersi la politica dello stand alone.

Vincent Bolloré

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