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Non è finito il calvario per azionisti e dipendenti della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Dopo i conti 2016 svelati ieri, e il buon esito dell’offerta per gli indennizzi ai vecchi azionisti, ora occorre affrontare la fusione tra i due istituti (tra i borbottii della Bce), la ricapitalizzazione e l’ingresso del Tesoro nell’azionariato (sotto lo sguardo vigile e diffidente della Commissione europea, già alle prese con un altro dossier bancario italiano, quello di Mps). Ecco le ultime novità sugli istituti veneti.

I NUMERI

Oltre 4 miliardi di perdite in 4 bilanci, di cui 1,9 solo nel bilancio 2016, approvato ieri; problemi di liquidità, patrimonio sotto le richieste della Bce e un rilancio su cui pendono molte incertezze. Ecco la situazione in sintesi della Banca Popolare di Vicenza, l’istituto “salvato” dal fondo Atlante con 1,5 miliardi lo scorso anno, ma che continua ad arrancare.

DOLORE E ALLARME

C’è un grido di dolore e di allarme nel comunicato emesso ieri dall’istituto guidato dall’amministratore delegato, Fabrizio Viola: nelle scorse settimane l’indicatore della liquidità Lcr è sceso nettamente al di sotto dei minimi obbligatori come “conseguenza della significativa uscita di raccolta commerciale a seguito dei timori di bail in connessi alle incertezze sul processo di ricapitalizzazione”.

L’ESITO DELL’OFFERTA

Da ieri, comunque, ci sono alcuni punti fermi in più: il 70% circa dei soci a cui l’istituto ha offerto un indennizzo dopo che le azioni sono passate nel giro di poco più un anno da 62,5 euro a 10 centesimi ha accettato la transazione proposta dalla banca: non promuoveranno dunque azioni di risarcimento. Non si è dunque arrivati alla soglia dell’80% cui puntava l’istituto quando l’opt è stata messa in campo, lo scorso 9 gennaio, ma il cda ha espresso “la propria soddisfazione” perché i risultati “testimoniano la volontà del territorio e delle comunità in cui la Banca opera di accompagnarla nel processo di ristrutturazione in corso”.

I PROSSIMI DUE PASSI

La ristrutturazione che passa per due pilastri: la fusione con Veneto Banca, che è controllata come la Popolare di Vicenza dal fondo Atlante, e l’aiuto dello Stato. I fondi stanziati dal governo lo scorso dicembre – 20 miliardi per tutto il sistema bancario, a partire da Mps – rappresentano “la più realistica opzione di ricapitalizzazione in quanto operazioni di mercato sembrano difficilmente percorribili” e Popolare di Vicenza, in vista del nuovo piano industriale 2017-2021, che ha quali presupposti la fusione con il gruppo Veneto Banca unitamente ad un ulteriore intervento di rafforzamento patrimoniale, ha “sta operando affinché tale intervento possa essere effettuato il più rapidamente possibile” (con stilettata indiretta al Tesoro che deve mettere più pressione alla Commissione europea, secondo quanto si mormora ai vertici dei due istituti), anche “in mancanza allo stato di una chiara espressione di volontà di effettuare ulteriori interventi di sostegno patrimoniale da parte dell’azionista di controllo”, ossia il fondo Atlante presieduto da Alessandro Penati (in foto). Scrive oggi Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano: “Penati ha così fatto perdere gran parte del capitale ai sottoscrittori di Atlante a cui aveva promesso un rendimento del 6 per cento. E adesso Padoan si darà una mossa o continuerà ad assistere immobile?”.

LA NECESSARIA RICAPITALIZZAZIONE

L’aumento è tanto più necessario se si considera che i coefficienti patrimoniali sono inferiori alle richieste della Bce, pur superando i requisiti “base” della normativa europea. Ma il sostegno dello Stato non si limita alla cosiddetta “ricapitalizzazione precauzionale”, a cui accedere per evitare il bail-in, ammesso che dalla direzione Generale della Concorrenza (DG Comp) della Commissione europea venga valutato compatibile con la normativa in materia di aiuti di Stato.

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