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L’attentatore di Londra ha finalmente un nome. Si chiama Khalid Masood ed è nato a Kent il giorno di Natale del 1964 con il nome di Adrian Elms, da cui si deduce che si sarebbe convertito più avanti negli anni per assumere un nuovo nome islamico.

Cresciuto in una famiglia mononucleare, ha traslocato varie volte per trasferirsi infine a Birmingham, capitale del jihad made in Uk (un quinto dei foreign fighter britannici è partito da qui). Masood ha alle spalle un passato agitato: tra il 1983 e il 2003 è stato ripetutamente condannato per una varietà di crimini anche violenti, come l’ultimo, quando ha accoltellato al volto un uomo. Ha trascorso parecchi anni dietro le sbarre, ed è qui che si sarebbe radicalizzato, come avviene di solito in casi del genere.

Sappiamo che era noto all’MI5 per i suoi legami con l’estremismo, ma anche che non era oggetto di misure di sorveglianza in quanto, per usare le parole del premier britannico Theresa May, era considerato un soggetto “periferico”. Per questo motivo, Scotland Yard ha dichiarato di essere stata colta di sorpresa dalla notizia dell’attacco di mercoledì, in quanto nessuno era al corrente del piano di Masood.

Sta di fatto che Westminster mercoledì è stata violata, quattro persone sono state uccise e lo Stato islamico, per il tramite della sua agenzia di stampa Amaq, ha potuto rivendicare l’attentato definendo Masood un proprio “soldato” che è entrato in azione osservando “la chiamata ad attaccare i Paesi della coalizione” anti-Isis. La rivendicazione tuttavia non convince del tutto.

Il testo diffuso da Amaq non fa menzione del nome di Masood, anzitutto. In secondo luogo, quest’ultimo non ha registrato il consueto video in cui giura fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi e annuncia il suo gesto, come hanno fatto molti jihadisti nei recenti attentati in Europa. Può naturalmente darsi che Masood sia stato meramente “ispirato” dalla propaganda on line dello Stato islamico, e non avesse dunque stabilito legami operativi con il gruppo. Ma non sarebbe sorprendente se le indagini rivelassero che ci sia stata qualche forma di coordinamento tra gli ispiratori e l’esecutore materiale. In passato infatti si è scoperto che gli attentatori erano in contatto con membri dello Stato islamico attraverso applicazioni criptate come Telegram, attraverso le quali i volontari ricevevano incoraggiamento e istruzioni. Ma suona strano che, durante queste ipotetiche interazioni, i burattinai non abbiano indotto Masood a girare un video di rivendicazione, come da manuale di istruzioni del perfetto martire della causa.

Quando le indagini avranno raggiunto risultati concreti, potremo sapere di più sul legame operativo, se c’è stato, tra il killer di mercoledì ed esponenti dello Stato islamico. Solo allora sapremo se la definizione di lupo solitario si attagli al jihadista di Birmingham o se, invece, l’attacco a Westminster porti davvero la firma dello Stato islamico.

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