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“Uno degli obiettivi di Francesco è la pluralizzazione della Chiesa. Lo dice lui stesso: quel che gli sta a cuore è avviare processi. Cosa significhi e dove porterà è tutto da vedere”. E’ quello che pensa Sandro Magister, scrittore e giornalista, vaticanista de l’Espresso, sulle ultime mosse di Papa Francesco.

Magister, il Papa non è stato tenero giovedì con i cardinali nel suo discorso prenatalizio.

Credo che nelle sue parole emerga una visione molto pessimista, soprattuto rispetto alla gerarchia. Francesco percepisce un’opposizione al suo pontificato, di un clero che considera incapace di prossimità alla gente.

Eppure il mondo “tradizionalista” contro cui si è scagliato viene spesso considerato come minoritario, più attivo sul web che protagonista nella quotidianità cattolica.

Intanto Bergoglio un giorno sì e uno no riserva delle bordate agli oppositori. Il discorso alla Curia è solo l’ultimo grano di un rosario continuo.

Cosa ci legge?

Una visione manichea del Papa, una divisione tra buoni e cattivi molto netta e drastica che non credo corrisponda alla realtà.

La classica divisione tra conservatori e progressisti?

Non è questa la situazione. Piuttosto, c’è un generale stato di confusione, da gregge senza pastore. Di un popolo di Dio che si sente abbandonato da chi dovrebbe essere guida e confermare nella fede. Anche se per Francesco questa condizione di “confusione” è positiva. Non dimentichiamo che la sua non è una ambiguità frutto di incompetenza. Anzi. E’ una strategia ricercata. La pluralizzazione della Chiesa è voluta. Lo vediamo con le interpretazioni ad Amoris laetitia, con vescovi che la leggono e la applicano ciascuno a modo loro.

Allo stesso tempo Bergoglio è un uomo di governo molto consapevole del suo ruolo.

E prende decisioni da solo, da monarca assoluto. La sinodalità la cita spesso, ma è più ridotta che in passato. Lo abbiamo visto col sinodo sulla famiglia. Ne ha convocati addirittura due. Però tra un sinodo e l’altro di sua iniziativa ha modificato le norme sulla nullità del matrimonio, praticamente senza consultarsi con nessuno.

Lo stesso giorno del discorso alla Curia così critico verso i tradizionalisti è stata data notizia del commissariamento dell’Ordine di Malta, di cui un tradizionalista, e tra i firmatari della lettera sui dubia come il cardinal Raymond Burke, è patrono.

Ma siamo su piani differenti. L’Ordine di Malta è una realtà importante ma particolare della Chiesa, e la situazione va riferita alla vicenda di una sola persona non del tutto chiarita (Albrecht von Boeselager, ex gran cancelliere, ndr). La questione dei dubia dei quattro cardinali non ha niente a che vedere: non riguarda un settore, ma la richiesta di una parola precisa sullo stato di confusione per tutta la Chiesa che si è venuta a creare con una pluralità di visioni in tre settori centrali per la dottrina; su tre sacramenti, quello del matrimonio, della confessione e dell’eucarestia.

Dubia a cui il Papa non ha risposto.

E probabilmente non lo farà, anche se i quattro cardinali si sono mossi come canonicamente si fa: domandando.

Intanto Burke ha posto un ultimatum: dopo il periodo natalizio se non ci sarà risposta, procederà ad un atto di correzione formale. Cosa comporterà? Lei recentemente ha riportato l’analisi di alcuni studiosi che hanno ricordato come nella storia cristiana quando dei pronunciamenti del magistero, volutamente non chiari, lasciano convivere più interpretazioni contrastanti, si è risolto con un Concilio.

I conflitti messi in moto oggi da Amoris laetitia hanno un precedente nelle controversie cristologiche del tardo impero romano. Allora l’eresia che dilagava era quella di Ario, che minava la divinità di Gesù. Mancavano parole chiare da parte del magistero. Mentre oggi ad essere in pericolo è l’indissolubilità del matrimonio cristiano. Allora ci volle tempo, e per dirimere la controversia furono indetti due concili: Costantinopoli e un secolo dopo quello di Calcedonia. Credo che anche per chiarire questa situazione si possa arrivare ad un Concilio. Non passeranno appena due o tre anni, ma neppure un secolo.

Eppure il Papa non manca di ricordare che occorre discussione aperta, ma sempre cum Petro et sub Petro.

Allo stesso tempo ripete spesso che i pastori devono mettersi in coda al gregge, perché il gregge sa dove andare. In pratica un pastore che si fa guidare dalle pecore. Sono affermazioni senza precedenti, che rappresentano quella Chiesa multiforme in cui per Francesco possono convivere anche posizioni differenti sulla stessa dottrina.

Torniamo all’inizio: questioni che appassionano e scandalizzano più che altro i malpancisti ancorati alla tradizione?

In realtà anche i progressisti più attenti sono confusi. E in generale vedo crescere, nel cattolico medio, un bisogno di chiarezza, perché non riconosce un Papa comprensibile. E non intendo necessariamente condiviso. Pensiamo a Giovanni Paolo II: frequentemente non era obbedito, ma la sua voce era sentita come autorevole e senza ambiguità. Oggi siamo di fronte ad una situazione inedita.

SANDRO MAGISTER

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