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Chi mai ha avuto tanto interesse, ossequio o rispetto, come in questo tempo, per la nostra Costituzione del 1948, nata da profonde aspirazioni democratiche, dopo aver vissuto le nefandezze del regime fascista e gli orrori della guerra, con i successivi scontri tra “partigiani” italiani e nemico nazifascista in ritirata? Pochi affezionati cultori della materia e qualche esperto di stagione, ma tutta la pletora che oggi si sta impiccando ai valori della revisione della nostra Carta fondamentale, per esclusivi fini politici, in passato la si poteva incontrare in congiure di palazzo, nei tribunali o al limite in manovre di bassa cucina.

La Costituzione, su cui tutti gli esponenti delle Istituzioni e i pubblici dipendenti hanno giurato, è nota forse tramite qualche bignamino o sunto attualmente di difficile reperimento, ma pochi la conoscono a fondo. Accantonata da qualche parte come residuo di un tempo che fu, a mala pena se ne ricordano pochissimi articoli, nonostante le strazianti grida manzoniane che si ascoltano un giorno sì e l’altro pure, ma tant’è. Si litiga, ci si azzuffa nei dibattiti con impetuosi attacchi d’ira senza neppure ricordare che si stava discutendo della Costituzione. Non interessa il suo valore alto e nobile, che molti detrattori di oggi, la definivano ieri: la Costituzione più bella del mondo, e li si vedeva contriti costoro in processione, dietro a Don Giuseppe Dossetti, girare in lungo e in largo l’Italia coi “comitati per la difesa della Costituzione” per scongiurare l’aggressione, lo sfregio alla Legge delle Leggi degli italiani da parte dei nuovi barbari alle porte.

Sono trascorsi tanti anni ormai, cosa importa? Tutto scorre, defluisce, si annulla nell’immane oceano di una informazione senza memoria, senza ricordi, ma ancor di più, talvolta, senza etica. E allora, la Costituzione va cambiata periodicamente, è necessario aggiornarla ai tempi, riformarla (termine preciso è revisione) come dicono i modernisti. Giusto, ma senza scalfirne i pilastri fondanti su cui si regge. La revisione che va a referendum oggi, invece, stravolge addirittura l’assetto costituzionale, toccando ben 47 suoi articoli e mettendo in forse l’assetto istituzionale del nostro Paese. Una ragione più che sufficiente per votare No.

Ma come revisionare la Costituzione se proprio necessario? Partendo dalle esigenze e dai bisogni della comunità nazionale e non dai diktat dei mercati: dall’uomo cittadino, uomo persona, così come fecero i nostri padri costituenti. Essi nel 1946/48 senza distinzione di cultura e di schieramento politico, dopo molti mesi (diciotto) di discussioni e di dibattito, giunsero ad una sintesi condivisa, che consentì di produrre le regole della nostra democrazia repubblicana: la Costituzione.

Tornata la pace, senza la Carta fondamentale non sarebbe stato possibile all’Italia, negli ultimi settant’anni, di raggiungere i primi posti della classifica dei paesi più progrediti del Pianeta. Non sarebbe pertanto dissennato o catastrofico, visti i risultati e i progressi ottenuti in questi decenni, applicare l’elementare principio di precauzione, prima di revisionare la Carta costituzionale a colpi di accetta, e per di più con un parlamento non pienamente legittimo.

presidenzialismo

Perché cambiare la Costituzione?

Chi mai ha avuto tanto interesse, ossequio o rispetto, come in questo tempo, per la nostra Costituzione del 1948, nata da profonde aspirazioni democratiche, dopo aver vissuto le nefandezze del regime fascista e gli orrori della guerra, con i successivi scontri tra “partigiani” italiani e nemico nazifascista in ritirata? Pochi affezionati cultori della materia e qualche esperto di stagione, ma…

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