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Ufficialmente la contesa parlamentare non è ancora iniziata. Ma certo è che le speranze sono molte. Sarà un gennaio di passione per banche popolari e cooperative. Vista sfumare la possibilità (sponda popolari) di portare a casa con il Milleproroghe l’allungamento dei termini per la trasformazione in spa (qui l’approfondimento di Formiche.net) e, lato Bcc, la revisione della disciplina sulle imposte differite (Dta), i due settori del credito si preparano a un vero e proprio forcing verso i senatori della commissione Finanze di Palazzo Madama chiamata prima della sua omologa a Montecitorio ad esaminare il decreto salva-risparmio licenziato dal Consiglio dei ministri lo scorso 23 dicembre. L’obiettivo? Infilare nel corso dell’iter parlamentari emendamenti in grado di soddisfare le rispettive richieste. Quali?

POPOLARI VANNO ALLA BATTAGLIA

Che la delusione per la mancata proroga sia stata tanta negli ambienti popolari lo dimostrano le dure parole con cui presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani (qui l’intervista a Formiche.net) ha espresso il disappunto per il caos venutosi a creare tra le dieci banche oggetto della riforma Renzi. L’associazione chiede da diverso tempo un ulteriore congelamento della riforma, in particolare dei termini per la trasformazione in spa, almeno fino alla pronuncia della Corte Costituzionale, che potrebbe fare sue le valutazioni del Consiglio di Stato, da cui è arrivato un primo altolà a dicembre. Sospendendo gli effetti della riforma gli istituti popolari vorrebbero tentare di stabilizzare il sistema in attesa della sentenza della Consulta. Riavviare il conto alla rovescia per la trasformazione in spa vorrebbe dire esporre le popolari, soprattutto Bari e Sondrio, ai rischi di una valanga di ricorsi da parte di chi, avendo esercitato il diritto di recesso, è stato rimborsato parzialmente.

IL RUOLO DI ASSOPOPOLARI

In questo contesto gioca un ruolo centrale l’associazione delle popolari, pronta a far sentire la propria voce dentro Palazzo Madama. “Bisogna rinviare il termine massimo per la trasformazione in spa, non solo per le due banche che devono ancora tenere le assemblee, ma anche per quelle che hanno già deliberato ma non hanno ancora completato il passaggio”, dice a Formiche.net, Sforza Fogliani. “Noi lo abbiamo detto subito che questa riforma, fatta contro le popolari, rischiava di introdurre un esproprio, per giunta senza indennizzo, dei diritti e dello stesso patrimonio dei soci. In ogni caso, ci aspettiamo che il Senato almeno rinvii le scadenze fino alla decisione della Corte”. Il numero uno dell’associazione però chiarisce un concetto. E cioè che Assopopolari farà di tutto per portare a casa il risultato ma senza dimenticare le “altre” popolari associate. Dunque sì al pressing, ma certamente nei limiti delle prerogative concesse ad un’associazione nei confronti del parlamento.

COSA CHIEDONO (INVECE) LE BCC

Anche le Bcc seguiranno i lavori della commissione sul decreto salva risparmio. Stavolta la questione riguarda le cosiddette imposte differitecioè quelle imposte pagate anticipatamente dalla banca in qualità di contribuente e che saranno recuperate in esercizi futuri. Si tratta della possibilità per una banca di poter dedurre dal reddito imponibile una quota predefinita di tasse all’anno mentre la parte eccedente viene versata nei successivi diciotto anni (ora ridotti a 5). In altre parole, parte delle imposte possono essere virtualmente pagate nel corso di un esercizio, ma il versamento vero e proprio avviene negli anni successivi. Addirittura, le tasse in questione possono essere trasformate in crediti di imposta. Tutto bene se non fosse che Federcasse presieduta da Alessandro Azzi (nella foto) ha più volte denunciato la disparità di trattamento tra le Bcc e le altre banche, le quali “possono utilizzare le Dta senza limitazioni”, ha scritto la federazione delle banche cooperative in una nota: “Le Bcc subiscono invece limitazioni alla  conversione. E questo, oltre a rappresentare un grave danno a carico di banche che, dallo  scoppio della crisi, hanno continuato a sostenere convintamente l’economia reale senza fini  speculativi, può rivelarsi altresì elemento distorsivo della concorrenza”. Di qui la richiesta di un emendamento in grado di superare la distorsione normativa. Ma la strada è in salita.

IL CONFRONTO CON L’UE

Le Dta non sono mai state viste di buon occhio dall’Unione europea, perché equiparate dalla commissione europea a un aiuto di Stato. Questo ha dato vita a un lungo confronto risoltosi con un accordo che prevede l’obbligo per gli istituti beneficiari del pagamento di un canone annuo. Dunque l’Ue ha ceduto e non è detto che lo faccia con le Bcc. Ad oggi l’intesa lascia fuori le banche cooperative, che in occasione del Milleproroghe e prima ancora del salva risparmio, hanno chiesto un intervento del governo volto a garantire la parità di trattamento. Federcasse, reduce dal fallimento del progetto per la creazione di un soggetto unico tra le Bcc potrebbe essere l’occasione del riscatto, ora punta sulla partita Dta.

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